1913, “L’Europa sotto una gigantesca marea”: i sogni premonitori di Carl Gustav Jung e le previsioni di alcuni artisti (F. Illlies)
Quell’anno (* 1913; ndr) C. G. Jung comincia ad annotare i sogni e le esperienze interiori in un libro rilegato in cuoio rosso per poi sottoporsi ad autoanalisi. All’inizio dell’anno Jung, presidente della Società psicoanalitica internazionale, aveva compiuto il parricidio ai danni di Sigmund Freud. Non solo aveva rigettato la teoria della libido come dogma centrale della psicologia moderna, ma soprattutto, come dichiarava in una lettera, aveva afferrato “il profeta per la barba”. Il parricidio, tuttavia, non destabilizza completamente solo il padre, ma anche l’omicida. Mentre Freud cade vittima della depressione e di una rabbia latente, Jung entra in una profonda crisi, perché gli manca quella figura paterna a cui per tanto tempo aveva guardato con ammirazione. Cessa l’attività didattica all’università di Zurigo e – proprio come Freud – teme il giorno sempre più vicino in cui si vedranno. Le due fazioni nemiche dovrebbero incontrarsi a settembre in occasione del congresso di Monaco delle Società psicoanalitica.
Jung fa brutti sogni, è tormentato dagli incubi. Uno dei quali è la causa scatenante che porterà alla nascita del Libro rosso. Si era svegliato madido di sudore alla visione dell’Europa intera che affondava sotto le onde di una gigantesca marea. Ovunque morte, cadaveri, devastazioni.
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Un gruppo di personaggi illustri si riunisce il mercoledì sera per il cosiddetto jour fixe nello studio di Ludwig Meidner in Wilhelmshoher Strasse 21, nel quartiere berlinese di Friedenau: tra loro ci sono Jakob van Hoddis, il famoso poeta della fine del mondo, Paul Zech, René Schicklele, Raoul Hausmann, Kurt Pinthus, Max Hermann-Neisse. Prima di tutto il padrone di casa mostra agli ospiti le sue opere più recenti, che definisce “paesaggi apocalittici”. Le ha realizzate tenendo fede al motto: “Dimentica le pene, estirpa dal corpo pazzia e santità dipingendole”. Nei paesaggi di Meidner salta tutto in aria. Nel 1913 dipinge Io e la città, un quadro in cui la sua testa pare esplodere come la città ritratta alle spalle. E sopra, da qualche parte, è appeso un sole traballante che pare quasi cadere.
Meidner è sopraffatto continuamente da visioni orrifiche. Lavora giorno e notte come un invasato nel suo piccolo studio nel quartiere Friedenau e scrive: “ Un impulso doloroso mi suggeriva di frantumare tutto quanto era rettilineo, verticale. Di cospargere tutti i paesaggi con una coltre di macerie, brandelli, ceneri. Il mio cervello sanguinava in mezzo a queste orribili visioni. Vedevo danzare solo girotondi millenari di scheletri. Il diffondersi nella pianura di tombe e città in cenere”.
Le città bruciano, i volti degli uomini, così come il suo, sono ormai smorfie di dolore, il paesaggio ridotto da bombe e guerre a un cumulo di macerie. Su tutto aleggia spettrale una luce inquietante. Meidner pare lottare con il pennello contro le forze sinistre che lo minacciano. Per scacciarli, scandisce i suoi incubi a uno a uno. Per lui cubismo ed espressionismo sono cose serie. Intitola i suoi quadri sconvolgenti Visione di una trincea e, più volte, Paesaggio apocalittico. Vive, come sappiamo nel delizioso quartiere di Friedenau. Le giornate di ottobre sono calde e gradevoli. È l’anno domini 1913. Gli amici che gli fanno visita il mercoledì vedono i quadri e si preoccupano per il loro autore. Non sarà impazzito?
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Cosa indossa la donna a capodanno? Nel numero 92 della rivista “Die Welt der Frau”, supplemento della “Gartenlaube”, si danno consigli sulla “moda al volgere del secolo”: “la tendenza a indossare colori vivaci, che caratterizza anche questa stagione, si fa notare persino nelle toilette per le festività minori. Grazie al taglio morbido, la maggior parte delle forme sono contraddistinte da quell’impronta aggraziata che rende affascinanti le figure slanciate. Ma la moda attuale, con la sua intenzionale eliminazione delle linee, è propizia anche alla signora più robusta, quando sa scegliere”. Alla pagina successiva è pubblicata una poesia di Marie Moller dal titolo in apparenza ingenuo di San Silvestro. Ma ecco alcuni versi spiazzanti:
Dunque diamoci tutti da fare
perché cominci ben l’anno!
La vittoria della pace per augurare
a chi dei conflitti ha subito il danno.
Della guerra mondiale la melodia
funesta risuoni sempre più lontana,
sfumi anch’essa in armonia
come il rintocco di una campana.
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È il 31 dicembre 1913, Arthur Schnitzer annota qualche parola sul diario: “Stamattina finito per il momento di dettare la novella Follia”. Nel pomeriggio legge il libro di Ricarda Huch Der Grosse Krieg in Deutschland (La grande guerra in Germania). Per il resto: “Giornata molto nervosa”. Poi, serata mondana “Giocato alla roulette”. A mezzanotte brindano al 1914.
Florian Illies, 1913. L’anno prima della tempesta, Marsilio, 2012