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Pubblicato da il 21 Dic 2014 in Letture | 1 Commento

A Ypres (Belgio): “Tra croci bianche, pietre nere e ‘coperte’ colorate” (F. Corazzina)

A Ypres (Belgio): “Tra croci bianche, pietre nere e ‘coperte’ colorate” (F. Corazzina)

 

(Eravamo in Belgio, nella zona di Ypres, un fronte terribile della prima guerra mondiale, da lì ebbe inizio la guerra chimica. Un territorio fertile, coltivato, verde e … 160 cimiteri militari!!! Dopo una veglia al cimitero tedesco di Vladso ho scritto una riflessione che scambio con te … ):

Giornata grigia, pioggerellina autunnale, nebbia, freddo e questi cimiteri con decine, centinaia, migliaia di tombe, tutti giovani dai 18 ai 25 anni o poco più. Mentre entravamo nel Tyne Cot Cemetery sentivi una voce che diceva i nomi dei caduti e la loro età, una voce che ci ha accompagnato per tutta la visita. Non erano più migliaia di morti, erano Stive, Marc, Levi, Ibrahim… con la loro storia, famiglia, vita… e morte.

Ypres, una cittadina completamente rasa al suolo nella prima guerra mondiale, qui, i tedeschi e poi i francesi hanno usato per la prima volta nella storia della guerra i gas, asfissianti, urticanti, vescicanti…. comunque mortali. L’iprite (gas mortale) ha lo stesso nome della città, o viceversa…

I cimiteri (in questa zona ce ne sono 160 di cui 156 del Commonwealt, cioè voluti dagli inglesi) sono commemorativi, inquietanti, segno di vittoria con la morte, sacrificio per la patria e volontà di non dimenticare che la guerra serve e, dico io, travolge troppe vite giovani inutilmente. Fatti tutti con croci o lapidi bianche, ordinate, su tappeto verde perfetto, ben rasato, pulito e curato (ricordi i film americani o inglesi?). Ne sono uscito con una tristezza infinita nel cuore.

Il pomeriggio abbiamo visitato il German Cementery di Vladso. I vincitori lo hanno voluto diverso. Nel bosco, e quindi nascosto alla strada, senza lapidi bianche erette ma solo con lapidi nere quadrate poste a terra su cui erano scritti diversi nomi. Anche nella morte il nero è cattivo. Ma la sorpresa è sempre la natura. Siamo entrati in questo cimitero e subito ho respirato meglio, non tronfio desiderio di ricordare le vittime per la vittoria ma semplice tragedia della morte, inutile, abbracciata dalla natura e da Dio. Provo a descrivere l’esperienza. Tu immagina…

Il bus ad un certo punti si ferma ai margini di un bosco, mi domando perché e solo dopo vedo che siamo arrivati al cimitero tedesco. Entriamo per una porta di pietra e ciò che mi appare è un campo, coperto da una splendida coperta di foglie colorate d’autunno (gialle, rosse, beige, marrone chiaro, marrone scuro, arancio…) con tutte le sfumature possibili, segno di vita ferita ma pronta a ricominciare. Le foglie cadono da enormi alberi (per lo più aceri e querce) che abitano questo campo con imponenza e grande serietà. Tu, piccolo uomo che entri, sei messo subito a tacere. Così è stato per noi, … abbiamo acceso un cero pasquale, la luce della vita, e insieme attraversato questo campo, mescolandoci con le vittime della guerra, e siamo arrivati fino al fondo dove ci attendevano alcuni personaggi. Sei donne che hanno fatto alcuni canti, uno del nostro Claudio Monteverdi che diceva “io porto nel mio cuore un dolore terribile. Non serve a nulla manifestarlo. Nessuno lo può credere, a meno che lui stesso non l’abbia provato” e poi un canto norvegese “a che serve la vela quando non c’è vento? O che può fare un uccello senza un ramo? Chi è capace di separarsi dall’amico senza piangere? Io so fare tutto ma non abbandonare il mio amico senza piangere”.

Accanto a loro due statue, rozze ma di una espressività inaudita. Un padre e una madre che guardano a questa distesa di giovani uccisi. La madre piegata su se stessa, incapace di contenere il dolore, lo sguardo a terra alla ricerca di semi di vita. Il padre con le braccia conserte e il viso duro, incazzato, quasi a dire “Perché? Me la dovete dare una giustificazione!”, lo sguardo all’orizzonte alla ricerca del volto e degli occhi di chi ha pianificato e comandato questo scempio. Tutti e due con il cuore al cielo. Dio capisce sia il dolore che ti travolge e ti piega sia l’urlo e l’incazzatura che lancia la sfida. Lui sì lo capisce.

Ognuno di noi ha acceso un piccolo cero, una piccola luce alla luce di Cristo e ci siamo avvicinati a una pietra “nera”, l’abbiamo illuminata con la nostra presenza … il tutto in un naturale silenzio. Cento persone che camminavano in mezzo al dolore con il cuore pieno di angoscia ma con la voglia di urlare vita. Tutto nel silenzio, che strano, il solo rumore era provocato dai piedi che calpestavano le foglie. Silenzio e preghiera negli atteggiamenti più diversi. Io mi sono accoccolato a terra, ho accarezzato la pietra nera, con delicatezza ho allontanato la coperta di foglie per conoscere chi stava riposando (Hans, Peter, Ubert …) ho pregato e forse ho urlato per la tanta morte che questa umanità ha nel cuore e nelle mani. Poi una foglia è caduta proprio sulla mia pietra nera, ne ho sentito la voce, dolce e materna che diceva: “Copri questi nostri amici, lasciali riposare”. Non ho fatto altro che riporre la coperta di foglie sul corpo di questi giovani come fossero miei figli e come fossi quel padre che, tornato a casa, non poteva far altro che accarezzare i suoi piccoli che dormivano e coprirli perché il freddo della notte dell’odio non li colpisse. Poi, più sereno, me lo vedo abbracciare la sua donna, rialzare il suo viso, baciarlo e dirgli: “Non temere, dormono tutti, stanno riposando”.

Siamo usciti in silenzio, Reinhard dalla Germania e Jean Pierre dalla Francia con due lacrime agli occhi (qui la guerra ha devastato i loro popoli).

Poi a quel padre e a quella madre ho chiesto il permesso di potere prendere una parte di coperta colorata per riscaldare l’umanità che incontro e dare pace ai cuori. Ne ho preso un pezzo anche per voi!

Sono ripartito riconciliato, più sereno, con la speranza nel cuore. Non quella che viene dalla vittoria, dalla violenza, dalla ragione. Quella che viene dalla terra e dal cielo, quella umile e donata, quella che ti fa dire: “L’inverno è iniziato ma sento che la terra sta preparando nuovi frutti” … e già ne pregusti il dolce sapore.

la giornata si è chiusa nella Cattedrale di Bruges con la musica, l’armonia, la bellezza.

Ne avevo bisogno.

Don Fabio Corazzina, Vladso, 2 novembre 2007

* Nel sito, un altro riferimento a ciò che avviene oggi a Ypres, lo si trova, a firma di Paolo Rumiz, qui: http://www.inutilestrage.it/suonare-il-silenzio/ (ndr)

 

1 Commenti

  1. Grazie della testimonianza di viaggio . Anni fa mi imbattei in una commemorazione solenne delle
    vittime militari a Ypres durante un viaggio in Belgio . Molto commovente e istruttivo . Un pathos intenso . Questo reportage integra quello che non ho visto .

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