Alpini: cambiare la preghiera (S. Serafin)
PREGHIERA ALPINI «Nuovo testo adatto ai tempi di pace»
Desidero tornare anch’io sul dibattuto argomento della preghiera dell’alpino. Ho grande ammirazione per gli alpini, per le loro molteplici attività benemerite, per il loro incomparabile spirito di corpo, per l’orgoglio del loro cappello, ma riguardo alla loro preghiera e alle varie dispute da più parti sollevate, vedo un grande equivoco di fondo, che mi meraviglio non venga mai sollevato. Mi riferisco al fatto che i nostri alpini dell’Ana, sono alpini congedati. Hanno cessato, ormai da tempo, di far parte dell’esercito. Dal giorno del congedo non hanno più toccato le armi, non hanno più il compito diretto di difendere la Patria con le armi (e se vogliamo di lottare contro “i vortici della tormenta, l’impeto della valanga, il gelo implacabile e i crepacci insidiosi”). Ora si sono dedicati ad altri compiti. Pacifici e meno impervi. Compiti preziosi di volontariato, di servizio civile, di solidarietà, di bontà, di fratellanza, di aiuto in tante occasioni, di pronta e generosa disponibilità anche nelle emergenze, di protezione civile, di pace. Ora hanno altri strumenti e attrezzi di cui chiedere la benedizione. Una loro preghiera, cioè l’umile invocazione a Dio, dovrebbe fare riferimento a questa nuova situazione, a questa diversa vocazione, dove le armi sono una vera contraddizione. Benedetti alpini, insistere caparbiamente, talvolta con ostentazione, per una formula anacronistica, completamente fuori dalla realtà, scritta in tempi e contesti superati, francamente non lo capisco. A mio parere sarebbe auspicabile pensare seriamente ad una nuova preghiera, forse meno epica, ma più aderente alle vostre reali, concrete, encomiabili e ammirevoli mansioni di pace.
Sergio Serafin, Il Giornale di Vicenza, Sabato 28 dicembre 2019