“Bisogna morire!” (L. Del Boca)
Diciamo la verità: seguendo gli ammaestramenti tattici di Cadorna – anche a volere essere ottimisti e generosi -, non esisteva nessuna reale possibilità di vincere. Nessuna!
Bisogna morire con pazienza.
È urticante la pagina di Curzio Malaparte, e tuttavia impregnata di realismo: “I nostri magnifici fanti, sangue del miglior sangue, giovinezza che si rassegnava a rinunziare alla vita senza nemmeno domandare per qual ragione era necessario morire, usciva notte e giorno dalle buche fangose, per andare a divellere con le mani i reticolati spinosi. Nessuna specie d’inscenatura eroica, di preparazione coreografica, niente, nemmeno la preparazione delle artiglierie: a un tratto, tranquillamente, la fanteria usciva dalle trincee e s’incamminava trotterellando verso le mitragliatrici austriache, con un vocio confuso che nulla aveva di eroico. Gli uomini cadevano a gruppi, uno sull’altro. Giunta al filo di ferro, l’onda vi sostava, rifluiva, si accavallava a un tratto attorno a dei passaggi, e spesso andava oltre, scompariva nelle buche, riappariva più lontano. Toc toc toc toc. Ma spesso tornava indietro”.
Come un gregge bastonato.
“Miserabili grappoli umani rimanevano impigliati fra grovigli spinosi. Toc toc toc toc. La mitragliatrice butterava i morti e i vivi col suo vaiuolo di piombo. Poi l’assalto ricominciava. Avanti ragazzi!” Gli ordini imponevano di riprendere la strada della trincea nemica.
“I fanti uscivano ancora per la ventesima volta, dalle buche fangose, avviandosi verso i reticolati nemici con quel trotterello, magnifico di coraggio buono e di rassegnazione, che i dilettanti e i corrispondenti di guerra hanno gabellato al pubblico per ‘impeto garibaldino’ e per ‘slancio aggressivo’”. Macché impeto! “La fanteria nostra, la più cristiana di tutte, usciva all’assalto umanamente: uno, due, dieci volte di seguito.” Senza ottenere risultati e, quel che è peggio, senza la speranza di ottenerne.
“La fanteria fa quel che deve fare: nulla di più. Non canti guerrieri, non urla bellicose, non smorfie tragiche, non parole d’odio. Avanti! La fanteria esce all’assalto perché deve uscire perché bisogna uscire. Non l’impeto perché, sotto la mitraglia, non si può correre, le gambe pesano e cento metri sono lunghi. I ragazzi arrancano su per le quote pelate trotterellando contro i reticolati e le mitragliatrici non già per patriottismo o per sete di sangue ma perché bisogna obbedire. L’obbedienza è la virtù di chi lavora, avanti figlioli! E la fanteria va avanti. Lenta, inesorabile, senza volontà, ma non come un gregge. Il gregge cammina senza capire: la fanteria capisce, ma non vuol sapere. Che importa sapere perché si muore? Bisogna morire. Non c’è scampo: chi torna indietro è finito. La legge! Le mitragliatrici uccidono tanto chi avanza quanto chi retrocede. E la marea urlante di stracci e di di poveri corpi sudati e stanchi seguita ad arrancare fra scoppi, grigia e uniforme come una folla di pezzenti all’assalto del palazzo reale. Bisogna morire!”
Lorenzo Del Boca, Il sangue dei terroni, Piemme 2016, p. 76-78
(* le citazioni sono tratte da Curzio Malaparte, Viva Caporetto. La rivolta dei santi maledetti,