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Pubblicato da il 16 Lug 2014 in Frammenti | 1 Commento

Cadorna, generale da dimenticare (F. Camon)

Cadorna, generale da dimenticare (F. Camon)

Noi del Nord-Est siamo noti nel mondo come superlavoratori, attaccati alla famiglia, disposti all’obbedienza, in pace e in guerra. Abbiamo scritto infinite pagine di eroismo, specialmente nella prima guerra mondiale, combattuta e decisa proprio qui. Il comandante supremo del nostro esercito era il generale Cadorna. Una via o una piazza intitolate a Cadorna si trovano in quasi tutte le nostre città o province.
Sono intitolazioni “alla gloria”: affinché il cittadino che passa sotto quel nome si ricordi la gloria che il nome incarna. Ogni tanto il nome di qualche strada vien sostituito, perché vengono alla luce documenti per i quali la grandezza di quel nome non appare più luminosa ma funerea.
E’ giunto il momento in cui le città che hanno nella toponomastica il nome di Cadorna si domandino se le imprese a cui è legato appaiono ancora eroiche o non semplicemente tragiche, di una tragicità prevista e accettata, e in definitiva colpevole. Tra le città che devono porsi questo problema ci sono alcune di quelle in cui arriva questo giornale. Questo articolo è diretto anzitutto ai loro sindaci.
Ho qui un librino smilzo e terribile, ultima testimonianza di come si combatteva quella guerra, come i soldati eran mandati a morire: in operazioni impossibili, che chiudevano il soldato in una morsa senza scampo: o obbedire agli ordini e morire per mano del nemico, o disobbedire e morire sotto il plotone d’esecuzione. Il libro è di Claudio Rigon, “I fogli del capitano Michel”, Einaudi.
Rigon, studioso vicentino, cura questi documenti con una metodicità ferrea. È come se, in un ideale processo contro i comandanti di allora, che mandavano i soldati a morire senza scampo, i testimoni d’accusa si alzassero in piedi “adesso”, ognuno con i suoi appunti in mano. Tutti gli storici hanno fatto un processo a Cadorna, generale senza tattica, senza strategia, dispregiatore delle vite dei suoi soldati: ma quelli son processi astratti e postumi, sono ricostruzioni. Questo è un processo con i testimoni diretti, le vittime per così dire rinate.
Quelle stragi, di 100 anni fa, hanno un responsabile, e dopo 100 anni Rigon trova il dna del responsabile: sta qui, sui fogli del capitano Michel. Il libro interessa gli storici della nazione, ma anzitutto noi del Nord-Est, perché per noi rappresenta la prova provata di quanto Emilio Lussu ci ha raccontato in “Un anno sull’Altipiano”. Lussu parla del ’17, i fogli del capitano Michel sono del ’16. Stessi luoghi, monte Ortigara e dintorni. La Strafexpedition (la spedizione punitiva dell’esercito austriaco contro di noi) è stata bloccata lì, a nord-est di Asiago.
L’ordine di Cadorna è di ributtarla indietro con ripetuti attacchi. Claudio Rigon ha trovato nel Museo di Vicenza un blocco di fogli scritti a matita o, raramente, a penna, che sono le comunicazioni tra il capitano (poi maggiore) Ersilio Michel e gli altri comandi. Il più realista di questi fogli sta ad apertura del libro, è scritto da un sergente, informa che tutti i soldati della pattuglia mandata a tagliare i reticolati della trincea nemica sono stati colpiti, e aggiunge: “È impossibile”. Quell’ordine “impossibile” vien ripetuto infinite volte. Non è un ordine, è una condanna a morte.
La tattica di Cadorna è sempre la stessa: attacchi frontali, le trincee nemiche non sono altro che fosse, per passarci sopra basta riempirle dei nostri cadaveri. Tra le posizioni austriache sull’Ortigara e quelle italiane c’è un vallone (noi veneti, in vacanza sull’Altopiano, andiamo a vederlo ogni anno), i nostri per attaccare dovevano salire dal basso all’alto e offrire il petto alle mitragliatrici: nell’ultimo giorno della battaglia dell’Ortigara i nostri soldati uccisi mentre andavano a questo assurdo assalto furono cinquemila. In Internet si legge che gli Alleati erano pronti a inviarci rinforzi, a patto che noi sostituissimo il comandante supremo: non potevano accettare che i loro soldati fossero mandati a morire in massa e per niente.
Se i nostri alleati volevano sostituire il nostro comandante, perché le nostre città non sostituiscono almeno il suo nome sulle strade? C’è un sindaco dotato di coscienza civica disposto a incaricare due-tre storici locali di fornirgli le pezze d’appoggio per capire se mantenere una via o una piazza intitolate a Cadorna sia un onore o un errore? Non c’è uno storico locale, che fornisca al sindaco un consiglio in tal senso, motivandolo meglio di quanto non sappia fare questo articolo? Su Cadorna ho fatto quel che potevo. Gli ho tolto il nome nella città dove aveva il comando, Udine, e di questo devo accontentarmi. Amen.

Ferdinando Camon, scrittore
(articolo pubblicato su SENTIRE, online, n. 16-2014)

1 Commenti

  1. Un momento: la vittoria ci fa per merito del generale Armando Diaz, non certo per Cadorna. I due non si stimavano ma Diaz era amato dalle truppe, migliorò il vitto delle truppe, scadente durante il Comando affidato a Cadorna, l’armamento individuale e l’artiglieria pesante con l’arrivo di migliaia di cannoni sul fronte. Fece organizzare spettacoli per le truppe e visitò personalmente più volte il fronte: cosa che Cadorna non fece mai! Abolì le decimazioni, di cui Cadorna aveva fatto largo uso, innescando molte rivolte tra le truppe.

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