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Pubblicato da il 18 Nov 2016 in Storia | 0 Commenti

Canzoni e lettere dal fronte: per sbeffeggiare (E. Franzina)

Canzoni e lettere dal fronte: per sbeffeggiare (E. Franzina)

 

Già da quando eravamo in linea sull’Isonzo, del resto, alcuni soldati giuliani dell’imperatore ci avevano pronosticato come imminente la dura lezione che si saremmo dovuti aspettare e che essi prospettavano anzi, in musica, sull’aria d’una famosa canzone napoletana dell’Ottocento; con parole, s’intende, italiane. Un contra factum coi fiocchi consegnato a dei foglietti propagandistici che finivano talvolta nelle nostre mani, ma sta di fatto che a divulgarlo ci avevano pensato proprio quei fratelli poco irredenti e molto auguranti che scimmiottando la Santa Lucia del mare luccicante sull’astro d’argento si divertivano un mondo a sbeffeggiarci dicendo:

I Serbi fuggono

Su tutto il fronte

I nostri avanzano

Oltre il grand monte

La man ci stringe la Bulgaria

Santa Lucia, Santa Lucia

Passar l’Isonzo

È un osso duro

Su le montagne ci vedo scuro

Mai più in Austria

Né in Ungheria

Santa Lucia, Sanata Lucia

Arrivederci

Dunque italiani

Forse a Milano

Oggi o dimani

Verremo a prendere

La Lombardia

Santa Lucia, Santa Lucia

Dimani era diventato oggi e l’obiettivo non era più la Lombardia ma il cuore del Veneto per andare, come dicevano loro, a mangiare gli asparagi a Bassano e a prendereil caffè a Venezia.

Mentre l’8 maggio risalivano in Altipiano, proprio nel giorno in cui Cadorna silurava il general Brusati ritenuto colpevole di scarsa preveggenza e di pavido allarmismo sostituendolo alla testa della I Armata con un suo protetto, il conte Pecori Giraldi, quella che sarebbe stata poi chiamata la Strafexpedition si stava dunque delineando non a oriente bensì appunto dove ci trovavamo noi adesso. Le acque insomma non erano affatto tranquille lassù e chissà se passando per Cesuna quello stesso giorno non avessimo anche incrociato, magari lungo la via o vicino al posto in cui egli la doveva imbucare, l’anonimo estensore d’una scomposta lettera diretta niente meno che al re contro la guerra com’era stata da lui pensata e condotta sin lì. Altro che i bombacé cantati per passatempo sull’aria di quelli del Sor Capanna (“Il General Cadorna/ ha scritto alla regina/ Se vuoi veder Trieste/ te la mando in cartolina/ Bim bam bom al rombo del cannon”). Di lettere così si mormorava che ne fossero in giro già tante fatte tutte, più o meno, alla stessa maniera, ma provenienti da ogni parte d’Italia. Di qualcuna esistevano addirittura degli estratti o delle copielle fatte a mano. Questa, scritta ad Asiago, conteneva però frasi di brutale sincerità, di cui, come pochi altri, venni anch‘io a conoscenza, buttate giù in uno stile e con un piglio popolaresco che almeno a me risultavano familiari ma che non ce l’avrei fatta stavolta, come scrivano, a ingentilire e a edulcorare in nessun modo:

Illustre Sacra Maestà

Asiago 8/5/16

Vegendo queste infami guerre mai più avrei creduto che la sua illustre persona giungesse a tanta bassessa di dare un popolo legato mani e piedi alli superbi capricci di un Cadorna quel veccgio generale inumano che non sente ne amore ne compassione per alcuno a lui le basta di conseguire il suo intento di farsi un nome con Trento e Trieste, costassero questo pure anche la vita di tutti li uomini e soldati d’Italia a lui niente importa lui non ci lascia la Vita non sente ne dolori ne pattimenti quali li sentono tre terzi di italiani mezi morti rovinati in lutto quelle due provincie di Trento Triste oggi sono tutte un tradimento un tranello una trappola per amazzar li Italiani,ma in Italia ci fu una guerra consimile. Isservate quasi un milione di soldati Italiani fra morti e rovinati ed ancora non sentite ribrezzo e terrore della vostra immane impresa ci volltete far amazzar tutti forse prima, questo non è più il vostro compito, osservate che voi siette il reo di tutte quelle vittime fatte e che ancor farrette e ne dovrette a render strettissimo conto il giorno della Vostra Morte pensate che il vostro nome sarà per sempre maledetto dalli Genitori spose e orfani della nazzione, che tutti per caggione vostra ne soffrono patimenti passione e dolori quanti pattimenti quanta povertà e miseria per l’unica caggione del vostro leggerissimo assenso chi ne rimeterà la pace lamore e l’agggiatezza nelle familie? Ora forse quelli che ha voluto la guerra e che la godono, forse quelli che essa liè una buona strada per arichirsi forse quelli che anno datto fuori i milioni per prender li interessi ecco chi ne gode! Non quelli che perdono nella guerra la vita il marito o figli, ma bensì quelli che vollion fra la sua agiatezza e ricchirsi (l’inumani)… voi ed il vostro governo peccaste di ingiustizia e ne siette altamente biasimati perché non cacciaste per li primi a perrire in guerra chi la guerra an voluta e vottata Essendo che nostro dovere solo è di diffenderla la patria e non di andar cacciati ad essere massacrati per sovvente ad ingrandila come la pensate voi…

Emilio Franzina, La storia (quasi) vera del milite ignoto, Donzelli, 2014, p. 148-150

(* FOTO in evidenza di Marta Gamba)

 

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