Cappellani di chi? (L. Baratter)
Il Cappellano militare Mathias Ortner, del Reggimento della Milizia territoriale del Tirolo, Innsbruck Nr. 1, ebbe a testimoniare:
“Ieri (25 agosto 1015) i miei soldati si sono battuti eroicamente. Io sono rimasto sul campo di battaglia per quassi 13 ore. I nostri cannoni e mitragliatrici hanno fatto un lavoro notevole. Verso mezzanotte gli italiani si sono lanciati contro un nostro avamposto in notevole superiorità numerica, ma sono finiti sotto il tiro delle nostre artiglierie. Quasi subito iniziarono i lamenti. Subito dopo che i miei pochi feriti erano stati portati via, io mi avviai verso il nemico; la ritirata gli era stata impedita dalla nostra artiglieria. Come gli Italiani mi videro, presero tutti a chiamarmi: – Padre, mio Padre, prete! – Dovetti somministrare i Sacramenti ad ognuno! – Cercai affannosamente quelli che giacevano sfracellati al suolo; talvolta i corpi erano così ammucchiati, che dovetti arrampicarmici sopra.
Altri strisciarono o vennero verso di me. Alcuni attendenti mi prelevarono per raggiungere rapidamente il capitano, che stava morendo. I sani raccoglievano i feriti, usando teli di tenda, coperte e altro, per radunarli. Io impartivo l’Olio Santo. Molti morivano durante il Santo Ufficio. Mi gridavano: – Siamo tutti cattolici! –
Stetti tre ore tra i nemici, che però si consideravano già come prigionieri, poiché non potevano più pensare ad una ritirata: la nostra artiglieria lo rendeva impossibile. I soldati italiani insistevano verso di me: – Salvaci, padre, salvaci dai cannoni! – Tutti volevano baciare la mia croce, mi abbracciavano, baciavano le mie mani e imprecavano contro i cannoni. Io li esortai a trasportare i compagni feriti dalla nostra parte, seguendo le trincee, così sarebbe stato possibile portare un rapido soccorso. Alla comparsa dei nostri ufficiali, alcuni vollero sparare; furono esplosi alcuni colpi, ma un capitano ferito lo vietò energicamente. Dopo che gli illesi erano stati fatti prigionieri e portati via, io avevo attorno solo morti e moribondi, che soffrivano in modo incredibile, soprattutto la sete. Per fortuna, tutti i morti avevano con se le fiasche (borracce italiane in legno) ancora piene e così potei offrire acqua in abbondanza”.
Lorenzo Baratter, La Grande Guerra delle minoranze. Ladini, Mòcheni e Cimbri, Gaspari editore, 2008, p. 86-88
* la battaglia a cui si riferisce il cappellano avvenne sull’Altopiano di Vezzana, presso la Cima Basson (ndr)