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Pubblicato da il 4 Dic 2017 in Frammenti | 0 Commenti

Carlo Ederle, virtù cristiane e Grande Guerra: la contraddizione (G. Tassani)

 

Grande Guerra. Carlo Ederle, un cristiano in trincea

I cento anni della morte del maggiore, fervente cattolico ed eroico militare

Possono essere esercitate bontà e virtù cristiane nel mezzo di un sanguinoso conflitto, comandando attacchi e studiando tecnicamente, scientificamente, il tiro dell’artiglieria in modo da ottenere una sua maggior efficacia distruttiva sulle linee nemiche?

Il pacifismo in cui siamo cresciuti in tanti anni di vita civile e democratica ci spinge a formulare ai giorni nostri riserve e opposizioni alla risposta positiva a un tal quesito.

Certo così non era, invece, nel Novecento delle guerre mondiali, quando virtù cristiane e militari convergevano nel senso del dovere, del rispetto per la legittima autorità, del sacrificio personale a servizio alla comunità nazionale: tutti valori condivisi. La guerra, si affermava, è come il dolore: può educare e far scaturire fragilità e debolezze, ma anche energie sconosciute, fino all’eroismo. L’arte della guerra e la pietà personale convivevano perciò spesso nel vissuto di semplici soldati, di ufficiali, di comandanti d’armata e capi supremi. Si pensi all’aura circondante il religiosissimo maresciallo Foch per i cattolici francesi ma anche italiani. Era militare di carriera e autore di elogiati studi di artiglieria il maggiore Carlo Ederle, veronese, morto venticinquenne il 4 dicembre 1917 – giorno dedicato a Santa Barbara, patrona dell’arma – colpito da mitragliatrice austriaca mentre sulle rive del Piave accompagnava da osservatore in prima linea l’azione della fanteria. Gli “osservatori”, giovani ufficiali oltre le prime linee, che avevano il compito di osservare al binocolo la disposizione e i movimenti delle truppe nemiche, veri “arditi dell’artiglieria”, erano stati l’invenzione di Ederle, fatta propria dal Comando Supremo, sul finire del 1916 e gli avevano meritato il titolo di “Guida del Carso”, oltre a una fama quasi leggendaria tra ufficiali e soldati per la sua mobilità e i tanti atti di coraggio e sfida al nemico.

Alla sua morte ben si comprende il dolore di un suo amico, Fulcieri Paulucci di Calboli, reso invalido per il bombardamento, a gennaio dello stesso anno, dell’osservatorio di Dosso Faiti, il più avanzato del Carso. Questi alcuni passi da una lunga lettera di Fulcieri al padre Raniero, ministro d’Italia in Svizzera, da Milano, 8 dicembre 1917: «Oggi, caro Papà, devo incominciare questa mia lettera con una dolorosissima notizia: la morte del maggiore Ederle di cui ho letto stamane l’annuncio nel “Corriere”. Non mi posso capacitare che quell’uomo lì sia morto. Pareva invulnerabile! Lo rivedo su e giù per le doline e i camminamenti del Carso, sempre uguale, sereno e tranquillo… Della schiera degli osservatori del tempo mio, ferito io, ferito il Col. Sasso, feriti quattro aspiranti, morti i tre altri tenenti (Mauricchio, Panzavolta, Risi) era rimasto solo con due aspiranti, tutti e tre illesi. Pareva che a lui, per il quale non passava giorno che non lo vedesse la prima linea, la morte ormai non pensasse più… Povero Ederle! Così buono e così allegro con tutti mentre era una persona superiore. Aveva fatto dei progetti di schieramento delle artiglierie della 3^ Armata che facevano meravigliare i vecchi artiglieri. Maggiore per merito di guerra era già proposto tenente colonnello per lo stesso motivo. Ed era un po’ meno vecchio di me! Gli avevano dato poco fa, me lo aveva scritto, la sua quarta medaglia d’argento!».

Paulucci sapeva come Ederle si fosse mosso in suo soccorso, il giorno della sua ferita a Dosso Faiti, sotto le raffiche dell’artiglieria nemica, giungendo in piena notte fino al luogo da dove Fulcieri era già stato trasportato in salvo. Forte amicizia di due anime credenti, medaglie d’oro, Paulucci in vita, Ederle dopo l’ultimo atto di eroismo. Cattolico liberal-risorgimentale il primo, di formazione più tradizionale il secondo (messa quotidiana all’alba, rosario serale in famiglia), appassionato non solo di scienza e matematica, ginnastica ed equitazione, ma anche di filosofia cristiana, al punto di seguire a Verona un controcorso di don Giuseppe Zamboni, futuro insegnante in Cattolica, opposto alle idee positiviste del professore di Liceo. Padronanza di sé, intensità spirituale, servizio agli altri: virtù che si riveleranno con spontaneità nella vita militare di Carlo Ederle, e che verranno riconosciute nella motivazione della medaglia d’oro, accanto alla menzione del suo «leggendario eroismo». Ma la guerra era comunque per lui una grande prova, non un ideale: e perciò il suo pensiero era rivolto alla fede, alla religione, che sempre sostiene nella vita, come scrisse alla madre il giorno stesso della morte.

Giovanni Tassani, AVVENIRE, sabato 2 dicembre 2017

* NOTA (curata dal redattore del sito), da Wikipedia (consultazione in rete 4.12.2017):

Caserma Ederle

La caserma Carlo Ederle, in inglese Camp Ederle, è una base militare dell’Esercito degli Stati Uniti situata a Vicenza, dove svolge i suoi compiti l’Africom. È anche guarnigione di diverse unità operanti in Europa.

Già sede di casermaggio dell’Esercito Italiano, nel 1955 ospitò le prime truppe americane, ivi ridislocate dall’Austria al termine dell’occupazione quadripartita di quel paese da parte delle nazioni vincitrici della seconda guerra mondiale.

La caserma prende il nome di Carlo Ederle, eroe della prima guerra mondiale.

Nel suo campo sportivo si giocarono diverse finali del campionato di football americano delle Basi NATO allocate nella penisola italiana, detto Northern Italian Football League (NIFL).

Nel 2004 l’esercito americano ha annunciato l’intenzione di estendere la presenza militare a Vicenza per includere tutti gli elementi del 173rd Airborne Brigade Combat Team (4 battaglioni su 6 erano di stanza in Germania). Per il progetto della nuova base fu suggerito l’aeroporto civile in disuso Dal Molin, a circa due miglia dalla caserma Ederle.

Il piano è stato concordato con l’amministrazione del presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi. Il governo successivo, guidato da Romano Prodi, era inizialmente contrario l’espansione, ma alla fine ha accettato il piano di allargamento. Nel 2012, al momento del trasferimento per l’Esercito Italiano, è stato reso noto (anche se la decisione del Ministero della Difesa presieduto da Ignazio La Russa risaliva al 10 novembre 2011) che la base Usa in costruzione nell’area dell’ex aeroporto non si sarebbe chiamata più Dal Molin ma sarebbe stata intitolata al partigiano (non di sinistra) Renato Del Din, Medaglia d’oro al valor militare. Il 30 ottobre 2012 nel corso di una speciale cerimonia a Roma in onore del commissario straordinario Paolo Costa, l’ambasciatore americano David Thorne ha accreditato il successo di Del Din al forte sostegno[1] che gli Stati Uniti hanno ricevuto dai più alti livelli del governo italiano, tra cui il rami esecutivo, legislativo e giudiziario per diversi anni e da differenti governi di diverso orientamento politico. Poiché la costruzione è quasi completata, più di 50 importanti imprese di costruzione hanno visitato il sito più nuovo e più verde.[2] Questo impianto sarà il primo impianto DoD ad ottenere la Leadership in Energy and Environmental Design (LEED), la certificazione d’argento con il potenziale per raggiungere la certificazione oro.[3]

Inoltre a fine 2008 il Ministro degli Esteri Frattini ha annunciato che l’Africom (Africa Command), il supremo comando Americano per le truppe di terra e di mare per l’Africa con quartier generale nella città tedesca di Stoccarda, vedrà la sua forza navale dislocata a Napoli e quella terrestre a Vicenza.[4] Per Africom, creato nel 2007 dal presidente Bush e inaugurato il 1º ottobre 2008 a Stoccarda (Germania), gli americani avevano cercato una base prima in Africa e poi in Spagna[5] (il paese più vicino), ma di fronte all’opposizione rispettivamente del Sudafrica e di Zapatero, hanno ripiegato sull’Italia e il governo Berlusconi ha accettato l’insediamento di Africom a Vicenza e a Napoli.

Vicenza è la casa del 173rd Airborne Brigade Combat Team e dello United States Army Africa.[6]

Il personale militare americano a Vicenza nel 2008 contava circa 2.800 persone, la maggior parte dei quali effettua operazioni in Afghanistan e in Iraq.[7] Attualmente, solo due battaglioni di fanteria e porzioni di due battaglioni di sostegno della brigata, ma essendo ormai l’allargamento in fase di completamento dovrebbe salire a oltre 5.000.[8] La nuova base “Del Din” è stata inaugurata nel luglio 2013.

Note

^ U.S. Embassy in Rome recognizes Italian commissioner for Del Din support | Article | The United States Army

^ Top Vicenza construction firms tour Del Din | Article | The United States Army

^ http://www.imcom.army.mil/portals/0/hq/about/publications/journal/562DBF6B-423D-452D-4F468DA7B4C7AF46.pdf

^ Soldati a Kabul e più basi Usa articolo di Luca Fraioli su La Repubblica del 18 febbraio 2011.

^ A Rota (Cadice).

^ “US Army opens new base in northern Italy.”

^ What’s Bush doing in Rome? – Che fa Bush a Roma?, articolo di Barbie Nadeu pubblicato il 9 giugno 2008 su Newsweek

^ Italians march in US base protest, BBC, February 17, 2007 (EN)

^ Del Din, inaugurata la nuova base Usa a Vicenza, in TViWeb, 02 luglio 2013. URL consultato il 03 aprile 2017.

 

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