Da patrioti a nazionalisti a imperialisti (S. Ginsburg – V. Klemperer)
“L’uomo della pace” era riuscito a trarre in inganno, nei mesi successivi la nomina di cancelliere, quasi tutta la stampa internazionale i leader di mezzo mondo. Ma non il filologo Victor Klemperer:
“Nella Prima guerra mondiale gli Alleati credettero di vedere nel nostro inno Deustschland Deutschland uber alles la prova della nostra volontà di conquista, ma sbagliavano; questo uber alles non esprime una volontà di espansione bensì solo una valutazione positiva del sentimento del patriota nei confronti della sua patria. Più spiacevole era sentire i soldati cantare: “Vogliamo, vittoriosi, battere la Francia, la Russia e il mondo intero”. Comunque, anche questo non è una prova valida di un vero imperialismo… non si parla dell’annessione di territori nemici…Ma si veda invece uno dei canti più caratteristici del Terzo Reich, che già nel 1934 fu accolto nel Singkmerad, raccolta di canti per le scuole della gioventù tedesca… “Tremano le fradicie ossa/ del mondo davanti alla nostra guerra/ Abbiamo infranto il grave timore,/ per noi è stata una grande vittoria./ Continueremo la nostra marcia/ quando tutto va in rovina,/ perché oggi ci appartiene la Germania/ ma domani il mondo intero.” Il canto è in gran voga subito dopo la vittoria interna, quindi dopo l’ascesa al governo di Hitler, il quale in ogni discorso insiste sulla volontà di pace… Eppure nel canto si parla di mandare tutto in rovina per arrivare a conquistare il mondo. E per non lasciar alcun dubbio sulla certezza di questa volontà di conquista, nelle due strofe che seguono si ripete, prima che ridurremo “il mondo a un mucchio di macerie”, ma poi che invano i “mondi” (al plurale!) si opporranno a noi, mentre per ben tre volte il ritornello assicura che ormai il mondo intero ci apparterrà … Il Fuhrer teneva un discorso di pace dietro l’altro e i suoi ragazzi della Hitlerjungen, grandi e piccini, erano costretti a cantare anno dopo anno questo testo pazzesco…” (V. Klemperer, Lingua Tertii Imperii).
Siegmund Ginzburg, SINDROME 1933, Feltrinelli, 2019, 102-103