DAL PREMIO NAZIONALE BIENNALE DI POESIA “POETANDO INSIEME 2014”
* Le poesie riportate qui sotto sono state premiate durante la Nona edizione del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Poetando Insieme 2014” di Recoaro Terme (Vicenza), nella sezione “LA GRANDE GUERRA 1914-1918: UNA TRAGEDIA MONDIALE”.
Le motivazioni dei premi assegnati sono state scritte da Maurizio Mazzetto, Presidente della Giuria.
Poesie premiate
L’ANEMONE GIALLO (Primo premio)
Fiori di croci insolite
su anonime colline
piantate come viti
da pietose mani.
Sospeso tra cielo e terra
il tempo in un sospiro
porta con sé un dolore,
una domanda,
un grido.
E il vento sussurra ancora
passando tra quei legni,
i nomi di chi ha versato
il sangue nella storia.
…. Nascosto tra fili d’erba
un poco a capo chino
sboccia, alla vita che avanza
un umile anemone giallo.
Paola Pillepich (Trieste)
La devastazione della Grande Guerra – che grande non fu, se non nella tragedia – è vista con gli occhi “di poi”. Le parole della composizione colgono, con rara sobrietà, il dolore di un sangue versato per l’insipienza degli uomini. Ma – dopo le domande e le grida – la vita “avanza”, e la poetessa si lascia istruire da un anemone giallo: la natura, senza far dimenticare, può forse riparare i danni della storia.
LA GRANDE GUERRA 1914-1918 (Secondo premio)
Un racconto, una storia
davanti al camino,
storie di soldati
storie di uomini
sporchi di fango
storie di uomini
sepolti dalla neve
uomini senza un nome
racconti ripetuti
con occhi bagnati dal pianto.
Un uomo che non ritorna
centro uomini che non ritornano
madri figli rimasti senza amore
senza casa
seduti su valigie di cartone.
Ma il sole brilla ancora nel cielo
il vecchio tace
il ricordo svanisce
mentre s’addormenta.
Maria Rosa Pittau (Murano – Venezia)
Poesia molto intensa, nella sua essenzialità. Essa scandisce con forza la tragedia dei soldati che hanno vissuto la Grande Guerra. I “racconti ripetuti” del vecchio sono incisi nella memoria di chi lo ascolta “davanti al camino”. Solo il fuoco, e, poi, il sole che “brilla ancora in cielo” possono far ritornare la speranza di un mondo diverso, dove l’addormentarsi non sia il lenitivo di un grande dolore, quello dei sopravvissuti e delle madri e dei figli “seduti su valigie di cartone”.
LA FERITA ANTICA (Terzo premio)
Della guerra
ho conosciuto solo
il tuo dolore
ci raccontavi il mondo antico
e piangevi…
Hai portato il lutto
sessant’anni sempre.
Il tuo “Pierino”
un giovane dagli occhi grandi
stupito, stava nell’ovale
della tua camera da letto.
Il nonno giovane mio
non ho mai conosciuto
e dicevano
che gli assomigliavo.
Se l’è portato via
la grande guerra,
una ferita antica
nella mia famiglia.
Tu sola nella vita
e le tue bambine.
Una la mia mamma.
A me bambino il tuo pianto
ha insegnato
a dire no alla guerra
sì alla vita.
Guido Maria Miglietta (Roma)
Poesia semplice e intima che esprime sentimenti familiari con coloriti ricordi. Una generazione passa all’altra il testimone della storia, che porta in sé anche le ferite che restano come cicatrici indelebili. Il poeta – commosso dal pianto della nonna per il nonno morto durante la Grande Guerra – raccoglie la lezione di vita proprio dall’errore umano. E la poesia intima diventa denuncia e impegno comune.
LE CALZE GROSSE (Premio speciale)
Su a Caporetto
le trincee erano vuote,
l’Alto Comando
reclamava nuove leve.
L’Italia non aveva
più uomini validi,
i morti lasciarono
uno stuolo di vedove,
madri senza più lacrime
figli mutilati da sfamare.
Con la desolazione nel cuore
partirono le classi 1898-99,
i figli imberbi e spaventati
con le calze grosse ben strette,
lavorate in fretta al tenue
chiarore di un mozzicone di candela
rubando le ore al sonno,
“I calzeti tegnarà caldo i piè
di putei avanti e indrio tel fango”.
Le calze scalderanno i piedi dei figli,
nel vischioso fango delle trincee.
I grossi scarponi dei soldati
avevano suole di cartone pressato,
l’amore delle madri
nulla valse…
Gabriella Segato (Costa – Rovigo)
La poesia conserva i ricordi impressi nelle parole, le quali raccontano di una disfatta. Prima ancora nelle famiglie che nell’esercito. “Figli imberbi e spaventati” furono mandati allo sbaraglio, senza coscienza e pietà. Non bastò quella delle madri che prepararono “le calze grosse”. Non bastò la fortuna. “Nulla valse” a distogliere gli uomini dai progetti di morte per un’ “inutile strage” (papa Benedetto XV°, 1917). La desolazione di allora sia monito per tutti i poeti e per tutti gli uomini, chiamati a ripudiare la guerra e a cantare la vita!
Poesie segnalate
IL CIMITERO AUSTRO-ITALICO
Della Val di Genova (Trentino)
Rettangolo di verde
corre verso il richiamo del fiume,
si incornicia di noccioli
copre il silenzio delle salme
fattesi erbe e fiori e granito.
Le croci nere
racchiuse nel ricordo
sposano giovani vite
nel rinnovo della terra.
L’UOMO
infedele alla sua pace
si tormenta altrove.
Giacomo Botteri (Mestre – Venezia)
Non bastano i morti delle precedenti guerre – e della Grande Guerra in particolare – per far smettere la stoltezza dell’UOMO, che “si tormenta altrove” con nuove guerre? Il poeta, contemplando un piccolo cimitero di montagna, medita, sconsolato; mentre la terra si rinnova e, anche con le salme delle “giovani vite”, produce vita, ossia “erbe e fiori e granito”.
RAGAZZI DEL ’99
Sparsi e disseminati sui pascoli
dove si scioglie la neve,
come crochi a primavera,
stanno giovani corpi caduti
correndo all’assalto.
Il silenzio e la paura
il freddo e il frastuono
li assalivano e paralizzavano.
Con malinconia
pensavano
alla mamma e al loro paese.
Erano ancora adolescenti,
scarsi di vita e di anni,
e finirono sugl’irti monti
a combattere per la patria,
a morire per la libertà.
Giliana Casagrande (Vittorio Veneto – Treviso)
“Combattere per la patria”, “morire per la libertà”: furono queste le motivazioni – forse più ingannevoli che ragionevoli – che spinsero gli adolescenti di allora, i ragazzi del ’99, a partecipare, peraltro costretti, alla Grande Guerra. Poi, diventano i caduti. Disseminati – come dice la poetessa con efficace immagine – “come crochi a primavera”. Hanno i colori del loro sacrificio: il bianco della gioventù e il viola del dolore.
NONNO E NIPOTE
… Camminavano piano
salivano il monte
tenendosi per mano,
il sole brillava
la strada silente
e il nonno
pian piano
narrava paziente…
… di scarpe ferrate
di zaini alle spalle
e cori, e canti
e muli e fanti,
di rocce scavate
di rosso bagnate
e giovani vite
rimaste lassù.
Il bimbo attonito
ascoltava pensoso
perché quel racconto
di guerra e d’amore
riempiva di palpiti
il suo piccolo cuore…
…ma poi sognava
la pace dei monti
le corse sui pascoli
ruscelli più puri
e fiori, e fiori, dai mille colori…
Stringeva la mano
al nonno tremante
ed alba e tramonto
sognavano assieme
la pace del mondo.
Emma Duranti (Padova)
Ritmata dalla rima, la poesia dolcemente accompagna il cammino del nonno e del nipote, il quale raccoglie, sì, i racconti dell’anziano che fu soldato, ma preme di correre e saltare tra i ruscelli e i prati dei monti. Solo il sogno della pace unisce le menti e cuori di ogni generazione.
È IL SUO SILENZIO A RACCONTARE
“Son ritornà quassù zima Caldèra
Dopo zinquataun anni
Da la tempesta de la prima guera
E me pareva de sentire ancora
‘L pianto dei feridi,
I colpi dei canoni come alora
E intorno a tuti i sassi, ‘nsanguinai
I morti fati a tochi e rebaltai
Uno su l’altro come fusse stéle (…)”
Mario Sartori Keiserjager
Lungo i camminamenti
i piedi
pesanti, di pietra,
andavano
su brandelli di spazio
brandelli d’uomo.
Odore di morte, dolore
scoppi, bagliori,
lamenti, pidocchi,
fame, nomi,
e, indescrivibili,
i lanciafiamme;
non storia
di quote conquistate,
contrattacco e riconquista.
È il suo silenzio,
pesante,
di disperazione,
semplice,
su tutto,
per tutto;
è senso di colpa
soffocato,
pressato, dentro,
sul fondo, sotto la stanchezza,
e l’immensa angoscia di allora.
È il suo silenzio
a raccontare.
Bruna Sartori (Borgo Valsugana – Trento)
Intensa poesia, cadenzata sui ricordi dei particolari: ogni aspetto era tragico nella vita di trincea, durante la Grande Guerra. All’abbrutimento dell’uomo corrisponde ora un pesante silenzio, un “senso di colpa soffocato”. E la poetessa si lascia andare alla stanchezza e all’angoscia cui partecipa con il soldato che parla tacendo.
CAREZZA DI PACE
Manto pietoso
è il silenzio
sull’onorato suolo
della sacra cima,
lapidi immacolate
immortalano eroi
forse dimenticati.
Con un fremito
piegano, i pini,
come cornice orante,
le verdeggianti cime.
Meditano
gli sguardi spenti
mentre sussurra
dolce, il vento,
tra gli sbiaditi nomi.
Scivola una lacrima,
rugiada sui ricordi,
e brilla sui valori
e gesta antiche
come carezza di pace.
Nadia Zanini (Bovolone – Verona)
Tutta la natura partecipa, secondo la poetessa, alla sacralità della montagna dove si è svolta la guerra: il silenzio, gli alberi, il vento. Composizione meditabonda e commossa, con la quale il poeta si propone di non dimenticare, affinché le lacrime, come “carezze di pace”, non siano inutili, come le guerre.
* I testi sono tratti dalla pubblicazione,
curata da Carla Cavallaro, fondatrice del Premio:
“Nona edizione del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Poetando Insieme 2014”
– Recoaro Terme (VI), 28 giugno 2014