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Pubblicato da il 22 Nov 2016 in Attività | 0 Commenti

Dopo una visita al Corno Battisti (M. Mazzetto – M. Maltauro – A. Peruffo)

Dopo una visita al Corno Battisti (M. Mazzetto – M. Maltauro – A. Peruffo)

img-20161122-wa0010(verso il Corno Battisti – foto di Giancarlo Facchini, 18 giugno 2016)

 il-pozzo-della-carrucola(dentro il Corno Battisti: “Il pozzo della carrucola”: 18 giugno 2016)

– foto di Omero Capraro –

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– foto di Giancarlo Facchini –

DALLA LETTERA DI MAURIZIO MAZZETTO AI PARTECIPANTI

Rivolta a coloro che hanno partecipato, con la guida di Marcello Maltauro, all’Escursione storico-pacifista sul Monte Corno Battisti (Monte Pasubio – Vallarsa) il 18 giugno 2016:

Cari amici,

grazie della vostra presenza, assolutamente partecipe.

Andare “nelle viscere della montagna” – come si esprimeva Marcello e come, poi, abbiamo fatto – significa, a mio avviso, andare “nelle viscere della guerra”: ossia, per quanto possibile, dentro l’esperienza di coloro che, per mesi e anni, in condizioni di alimentazione, abbigliamento e riposo ben diverse dalle nostre, hanno visto e patito la violenza della guerra che tutto distrugge.

Raggiungere la “cruda eloquentissima essenza della guerra” – come si dice nel retro di copertina del bel libro di Carlo Pastorino – vuol dire, a mio parere, arrivare non tanto (o non solo) all’amicizia, all’eroismo, al sacrificio, all’ “offerta” (tutti aspetti messi efficacemente in luce da Pastorino) bensì alla considerazione amara della morte: insensata quando è frutto di un’ “inutile strage”. Appunto.

* vi metto qui – a vostra completa documentazione – il secondo, prezioso, brano di don Lorenzo Milani che ho letto (e che non ho messo nella Traccia):

Bisognerà ricordare anche le guerre per allargare i confini oltre il territorio nazionale.

Ci sono ancora dei fascisti poveretti che mi scrivono lettere patetiche per dirmi che prima di pronunciare il nome santo di Battisti devo sciacquarmi la bocca.

È perché i nostri maestri ce l’avevano presentato come un eroe fascista. Si erano dimenticati di dirci che era un socialista. Che se fosse stato vivo il 4 novembre quando gli italiani entrarono nel Sud Tirolo avrebbe obiettato. Non avrebbe mosso un passo di là da Salorno per lo stessissimo motivo per cui quattro anni prima aveva obiettato alla presenza degli austriaci di qua da Salorno e s’era buttato disertore, come dico appunto nella mia lettera.

«Riterremmo stoltezza vantar diritti su Merano e Bolzano» (Scritti politici di Cesare Battisti, vol. II, pag. 96-97). «Certi italiani confondono troppo facilmente il Tirolo col Trentino e con poca logica vogliono i confini d’Italia estesi fino al Brennero» (ivi).

Sotto il fascismo la mistificazione fu scientificamente organizzata. E non solo sui libri, ma perfino sul paesaggio. L’Alto Adige, dove nessun soldato italiano era mai morto, ebbe tre cimiteri di guerra finti (Colle Isarco, Passo Resia, S. Candido) con caduti veri disseppelliti a Caporetto”

(Dalla “Lettera ai giudici”, Barbiana, 18 ottobre 1965).

* al termine non abbiamo letto, nell’ultima pagina della Traccia – che ora si trova anche nel sito: http://www.inutilestrage.it/le-escursioni-storico-pacifiste-elenco-e-tracce-formative/ – il brano di Renzo Caramaschi (nuovo sindaco di Bolzano e amico di Pax Christi), tratto dal suo romanzo che narra le vicende dei trentini inviati sul fronte orientale, di cui abbiamo parlato;

* vi segnalo, inoltre, il brano di Enrico Camanni cui ho fatto riferimento parlando dei confini-frontiere (già utilizzato in una nostra Escursione):http://www.inutilestrage.it/un-crinale-assurdo-e-terribile-e-camanni/

 

Ed ecco ora l’interessante recensione promessa:

RECENSIONE a: Stefano Biguzzi, Cesare Battisti, Utet

Cesare Battisti (1875-1916) è uno dei personaggi più rimossi dell’Italia novecentesca, ormai ridotto a mera risorsa toponomastica per strade, scuole e caserme. Il regime fascista l’aveva accolto nel proprio pantheon, come un antesignano delle camice nere, anche se l’irredentista trentino non era mai stato un nazionalista, bensì un socialista mangiapreti (quasi come il giovane Mussolini!) e in seguito un interventista democratico, sulla scia di Parri, Salvemini Lussu. L’Italia “pacifista” risorta nel ’45 si dimenticherà invece ben presto di quell’indomito combattente, impiccato dagli austriaci per alto tradimento il 12 luglio 1916, insieme a Fabio Filzi. Ora, per riscoprirlo, possiamo finalmente leggere la sua “biografia definitiva”, firmata dallo storico Stefano Biguzzi: torrenziale, talvolta debordante, ma scritta con piglio sicuro e scorrevole. L’ultimo capitolo, di oltre cento pagine, è una biografia nella biografia, perché si spinge sino ai giorni nostri, indagando l’altalenante fortuna della sua figura, tra mito e oblio. Alla fine, persino il fascismo – che aveva eretto in suo onore i monumenti di Bolzano (1982) e Trento (1935) – dopo il “Patto d’Acciaio” fra Mussolini e Hitler (1939) comincerà a considerare Battisti, effigie della resistenza latina contro pangermanesimo, “un’ ingombrante pietra dello scandalo sulla via dell’idillio nazifascista”.

Le pagine dedicate agli ultimi due anni della sua vita sono ricche di pathos. Lo scoppio del primo conflitto mondiale (luglio 1914). La fuga in Italia. L’infaticabile tribuno interventista che gira in lungo e in largo lo Stivale. L’arruolamento volontario negli Alpini, il 29 maggio 1915. la promozione a ufficiale. Sino al triste epilogo sul Monte Corno, all’alba del 10 luglio 1916, quando, al termine d’una sanguinosa battaglia, sarà catturato dagli austriaci, forse anche alla delazione di alcuni suoi soldati, indispettiti da quel comandante temerario, che li coinvolgeva in azioni troppo rischiose. Nel frattempo, quella guerra da lui immaginata come garibaldina e risorgimentale aveva mostrato il suo autentico volto: ”uno scannatoio, qui non è solo guerra di soldati contro soldati; ma è furore bestiale contro ogni cosa, contro la proprietà, contro gli inermi, contro la terra stessa” (alla moglie Ernestina).

Assai stuzzicanti pure i capitoli antecedenti alla Grande Guerra. È qui che rifulge il Battisti meno conosciuto: giornalista, geografo, editore, bestia nera dei clericali alla De Gasperi, ma anche socialista irredentista, nonostante la “questione nazionale” fosse patrimonio della borghesia. Tra le sue battaglie civili ci fu pure quella contro la pena di morte. “Quanto Medioevo resta da spazzar via”, scriveva nel novembre 1900, redigendo per il suo quotidiano “ Il Popolo” la cronaca dell’impiccagione a Rovereto del pluriomicida Floriano Grossrubatscher (che avrebbe ispirato a Musil il personaggio di Moosbrugger nell’Uomo senza qualità). Ecco il drammatico resoconto di Battisti: “il Presidente dice in tedesco al boia: signor carnefice, compia la sua funzione. S’avvicinano gli aiutanti, legano le mani dietro il dorso della vittima che viene posta appiedi al palo. Il boia sale per una scaletta, fa passare il laccio per una carrucola che sta alla cima del palo. Poi non sono stato più capace di guardare”.

Sedici anni più tardi, quello stesso boia ormai imbolsito giungerà da Vienna per allestire il patibolo destinato a Battisti e a Filzi nella fossa dietro al Castello del Buonconsiglio di Trento: “si credeva di aver impiccato l’Italia”, commenterà Karl Kraus, “ma sotto la forca in verità stava l’Austria”.

R. Liucci, Battisti: il martire sgradito, in Il Sole 24 ore, 26/10/2008

 

Un caro saluto, e un grazie ancora, soprattutto a Marcello, guida sicura, competente e simpatica,

Maurizio, 20 giugno 2016”

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DALLA LETTERA DI MARCELLO MALTAURO A MAURIZIO MAZZETTO

Inviata dall’autore dopo la salita al Monte Corno Battisti, ora viene resa pubblica in questo sito:

Caro Maurizio,

ti scrivo questa breve riflessione dopo aver in qualche modo sopito tutte le sensazioni e le emozioni che, credevo, di avere per sempre perso, oppure, domato.

Devi sapere che il Monte, salito sabato insieme agli amici, è nel mio cuore da più di trent’anni; le prime “esplorazioni” le ho fatte verso la fine del 1984 e da allora neanche più ricordo quante e quante volte ci sono salito da solo o in compagnia. Quando è uscito il mio libro nel 1996, numerose sono state le richieste di singoli ed associazioni perché gli accompagnassi lassù, molte le telefonate e le lettere, non pensavo proprio che accadesse una cosa del genere.

Alle numerose, per qualche tempo, richieste ho sempre risposto negativamente: non volevo che il Corno diventasse una sorta di “Strada delle gallerie” ma, alla luce dei fatti (o semplicemente dalle vistose impronte di scarponi nell’aereo terrazzo della “Bocca di Leone” sotto il Corno), il mio intento è stato, e per fortuna, invano.

Credo di poter dire, senza falsa modestia, che il mio libretto abbia dato il via a un sempre più numeroso pellegrinaggio sulla Vetta; lo chiamo così, pellegrinaggio, perché così deve essere ora e in futuro, perché lo dobbiamo a quei uomini-fratelli senza volto che “sentiamo” sotto e dentro le aspre e giallastre muraglie di quelle cime. Una volta, chiacchierando con Mario Rigoni Stern, e commentando i miei studi appassionati sulla Grande Guerra, Lui mi disse e la cosa non mi lasciò senza pensiero, che chi non l’ha fatta, difficilmente può capire cosa significa la parola guerra. Ecco, questo pensiero l’ho sempre tenuto a mente, l’ho sempre rispettato anche quando parlavo con gli amici di queste storie. Forse è anche per questo che mi sono allontanato con gli anni dalle pubblicazioni, dalle cerimonie e dalle conferenze; cosa ne sappiamo noi?, cosa possiamo far capire attraverso scritti partoriti nel caldo delle nostre case, scrivendo al computer, attingendo informazioni dai libri altrui e ora anche da internet, guardando fotografie sbiadite? E ancora, percorrendo sentieri e trincee senza sentire l’odore della morte, della paura, dell’angoscia? Così e involontariamente, mi sono sentito un privilegiato e non potevo permettermi di parlare per conto di chi non ha più nome ma che, soprattutto, allora non aveva voce.

Per farti capire cosa intendo, ti riporto (come fai tu) un brano del fante romano Costanzo Bremuti, che risponde tramite lettera, all’amico imboscato:

Piantala di scrivermi che comprendi…che capisci… e che immagini… Tu non comprendi nulla! E non immagini nulla! No, amico mio, non fraintendermi, non è cattiva volontà… È che tu proprio non puoi… La tua fantasia non sarà mai così fervida da immaginare che cosa sia il militare…”.

Oppure le pagine, straordinarie, di Carlo Salsa nella sua opera più conosciuta, “Trincee”:

A Palmanova, in una trattoria che sembra una spelonca, un ufficiale con la testa bendata, di ritorno dalla trincea di prima linea, masticava piano piano e quasi con pena. Novità? Salsa, Giuba e Onorato, tenentini di prima nomina, in attesa di essere assegnati al loro reparto, parevano avidi di informazioni. Ma, alla domanda su come andava la guerra, l’ufficiale anziano prima rispose con un gesto vago – come se non sapesse cosa dire – e poi, forse rendendosi conto che non poteva stare proprio zitto, si risolse con un “brutte!”.

Lo sappiamo…” commentano le reclute.

Non sapete niente!”

Immaginiamo…” tentarono di addomesticare un giudizio affrettato.

Non si può immaginare!” Il tenente era un giovanotto ma pochi mesi in prima linea l’avevano trasformato in un vecchio. Rughe di sofferenza si aggrappavano agli angoli della bocca e le spalle sembravano gravate dal peso di pensieri smisurati. Piastre di argilla stavano ancora rapprese alle maniche della divisa e pareva che il fango si fosse infilato anche nelle pieghe della pelle. Si risolse di aggiungere un commento. “Ho una ferita appena rimarginata ma mi rimanderanno al fronte tra qualche giorno. Non ho né aderenze né raccomandazioni. Qui non si scherza… L’offensiva continua ma si muore troppo: o per una pallottola o per il colera…”.

Hai capito perché, caro Maurizio? Comprendi come mai mi sono bloccato per così tanti anni? Forse altri non si sono fatti di questi problemi, oppure sono riusciti a eludere questo pensiero costante; ogni volta che salgo la Montagna, avevo scritto, mi sembra di averlo al mio fianco (mi riferivo a Pastorino). Ed era proprio così, ed è così che questo piccolo pezzo di Pasubio mi è entrato dentro la pelle come fosse sangue e materia. Cosi, per diversi anni ho lasciato questo mio tormento rinchiuso dentro in fondo all’anima; lui è rimasto li, silenzioso ma acceso come un piccolo lume tremolante.

Arriviamo così ai giorni nostri. Quando mi hai chiesto se vi accompagnavo sul Corno, ho detto di sì senza pensarci perché sei soprattutto un caro amico; ho detto di sì anche perché la mia “ferita” è rimarginata e credo, guarita.

Così, con nuovo spirito, ho riletto il mio libro, certe volte arrossendo di quello che io stesso avevo scritto ma anche, certe volte, complimentandomi con me stesso per la scrittura semplice e chiara; non sempre i testi pseudo storici lo sono, anzi.

Adesso sono qui a scrivere che per merito tuo ho riscoperto la passione e l’amore che sempre ho sentito dentro; mi sono reso conto che per tanti anni ho lasciato che il tempo coprisse la memoria del mio sapere, dello studio fatto, della passione messa a servizio di queste storie. È strano, tu che sei un sacerdote hai fatto riemergere quella “fede” che da sempre era dentro di me per studiare questa storia, andare verso questo mondo lontano cento anni ma così vicino da sentirne ancora il respiro presente e forte; il vento fa il suo giro, ma sempre ritorna.

Ti abbraccio

Marcello, 21 giugno 2016”

img-20161122-wa0006(Marcello Maltauro – foto di Giancarlo Facchini, 18 giugno 2016)

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img-20161122-wa0000(foto di Giancarlo Facchini, 18 giugno 2016)

L’AZIONE DI ALBERTO PERUFFO

* Albero Peruffo, poco tempo dopo, scrive questa lettera a Maurizio Mazzetto:

Ciao Maurizio,

100 anni fa impiccavano Cesare Battisti a Trento.

Sono tornato sul Corno Battisti, dove lo presero, due giorni fa.

Le parole scritte alla moglie, pulsano ancora oggi. «Contro la terra stessa». La guerra ovunque.

Alcuni amici hanno ripreso – artigianalmente – il mio omaggio:

https://casacibernetica.wordpress.com/2016/07/12/la-guerra-ovunque-monte-corno-battisti-1916-2016/

Se vuoi condividerlo con gli amici, visto che pure tu hai fatto una bellissima mail di approfondimento, dove citi pure le parole scritte alla moglie.

Un caro saluto,

Alberto, 12 luglio 2016”

* Quindi invia una successiva mail:

Ciao Maurizio,

ho letto la bella lettera di Marcello e ricevute tutte le comunicazioni.

Anch’io sono molto legato al Corno. Da molti anni.

L’ho salito diverse volte, da tutte le parti. La prima credo 25 anni fa.

Anche la storia di Battisti non l’ho mai digerita.

Per questo ci sono tornato da solo (accompagnato da Martina, Giacomo e un’amica) per fare un omaggio silenzioso. Senza dire una parola.

Solo con gli oggetti che uso per dire parole di pace (la maschera dell’ultramondano, chiamiamola così, e il fumo).

Lo sentivo come un dovere.

Mentre raggiungevo il Corno, questa volta dal Col Santo e dal Lancia, ho incontrato i celebranti classici che tornavano dalla piccola cerimonia ufficiale che sapevo esserci il 10. Ho aspettato che non ci fosse più nessuno.

Poi, per consegnare agli amici questa memoria, ho montato un piccolo video con la straordinaria musica di Scott Walker.

Le parole di Battisti alla moglie si trovano in diversi libri.

Ma le avevi pure riportate tu in una delle tue mail dove compariva la recensione sull’ultima autobiografia di Battisti.

Credo che a Marcello il mio omaggio a Battisti piacerà. È molto in sintonia con la sua lettera.

A presto,

Alberto, 13 luglio 2016”

la-lapide-a-cesare-battisti(foto di Omero Capraro, 18 giugno 2016)

 

 

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