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Pubblicato da il 9 Gen 2015 in Storia | 0 Commenti

“Fu una guerra totale” (G. Hirschfeld)

 

Secondo una formula ormai inflazionata, la Prima Guerra Mondale fu la “catastrofe primigenia del XX secolo” (George F. Kennan). La Prima Guerra Mondiale in effetti segnò la fine di quattro imperi: l’impero tedesco, l’impero russo, il multietnico stato austro-ungarico e l’impero ottomano. Senza la Prima Guerra Mondiale non ci sarebbero stati il fascismo italiano, il nazionalsocialismo tedesco e molto probabilmente nemmeno il bolscevismo, almeno non il bolscevismo à la Russe. Già all’epoca si parlò di “Grande Guerra” e questa definizione è in uso tuttora in alcune delle nazioni belligeranti: Der Grosse Krieg, The Great War, La Grande Guerra, De Groote Oorlog.

Ciò che rese la guerra tanto “grande”, anzi, travolgente, agli occhi dei contemporanei fu il fatto che si trattò di un conflitto di masse e mezzi industriali, nel quale si pretesero e si offrirono, anche volontariamente, enormi sacrifici individuali. Degli oltre 60 milioni di soldati mandati in campo, in tutto il mondo, fra l’agosto del 1914 e il novembre del 1918, dieci milioni persero la vita: calcolando con parametri odierni sarebbero circa 6.400. circa 15 milioni restarono feriti, molti portarono i segni delle loro ferite per il resto della vita, e molti non sopravvissero a lungo. I soldati non caddero solo nelle grandi battaglie del fronte occidentale – nelle Fiandre, a Verdun e sulla Somma – dove pochi chilometri di vantaggio territoriale costarono centinaia di migliaia di vite. Questa guerra travolse anche l’Europa Orientale, i Balcani, le Alpi, il Medio Oriente e arrivò fino in Asia e in Africa. La Prima Guerra Mondiale, dunque, fu davvero un avvenimento globale, nel senso più autentico del termine.

Conseguenza della casualità della morte di così grandi masse fu un’incredibile indifferenza nei confronti della vita umana che a sua volta ebbe riflessi terribili sulle società del dopo-guerra. I sistemi totalitari degli Anni Venti e Trenta, sprezzanti dell’individuo e ispirati da un futurismo folle e da visioni tecnocratiche che non escludevano nemmeno il concetto di strage, sono il risultato diretto di quest’ interpretazione elementare della guerra, per cui in un contesto di pianificazione militare vivere e sopravvivere sono fenomeni casuali.

Quest’interpretazione si venne affermando già nel corso della guerra quando i Capi di Stato Maggiore e i Comandanti Supremi nei loro quartier generali “ben lontani dagli spari” pianificavano e ordinavano operazioni in cui si prevedeva freddamente il “sacrifico pieno di abnegazione” di centinaia di migliaia di soldati. “Maximum slaugthter at minimun expense” (massima strage al minimo costo) è la cinica espressione con cui il filosofo e pacifista inglese Bertrand Russel ha sintetizzato il calcolo costo-beneficio a cui non si sottrasse nessuna delle parti coinvolte.

Per molti aspetti fondamentali la Prima Guerra Mondiale fu già una “guerra totale”, in misura simile alla Seconda Guerra Mondiale. Ciò vale soprattutto per la messa a punto e l’impiego di armi nuove e sempre più micidiali: basti pensare alla guerra totale dei sommergibili tedeschi che nel 1917 spinse gli USA a entrare nel conflitto, o all’impiego degli Zeppelin e degli aerei attrezzati per la prima volta come bombardieri o ancora all’utilizzo di gas (anche se la guerra chimica che alla fine tutti adottarono fu importante più per le sue ripercussioni psicologiche che per gli effetti militari).

Totale fu anche la modalità delle operazioni belliche nelle quali si riconoscono varie strategie di “terra bruciata”, accompagnate dalla distruzione sistematica di centri abitati e intere regioni. Totali furono le cosiddette azioni di “pulizia etnica”, cioè la deportazione di intere comunità etniche nell’Europa Orientale o nei Balcani, oppure la soppressione di massa della popolazione civile del nemico, ma anche entro i propri confini. Le prime espressioni di questo particolare modo di fare guerra si manifestarono già nel 1914 con l’azione brutale degli eserciti tedeschi contro presunti franc tircus ((partigiani) in Belgio e nella Francia settentrionale, con l’invasione russa della Prussia Orientale che costrinse centinaia di migliaia di tedeschi a fuggire in Occidente, o con l’avanzata delle truppe austro-ungariche in Serbia, accompagnata da “rappresaglie insensate”, come le descrisse in seguito il Comando dell’esercito imperialregio. In questa triste prospettiva, l’acme fu senza dubbio raggiunto con il massacro degli armeni nel 1915, attuato dal governo dei Giovani Turchi nell’impero ottomano, operazione che secondo alcuni storici prepara i genocidi del XX secolo.

Faceva parte della totalità della guerra anche la propaganda, sia quella prodotta dallo Stato, sia quella figlia dell’opinione pubblica, che già all’epoca aveva una vasta diffusione mediatica. Descrizioni raccapriccianti e pubblicazioni di larga distribuzione presentavano i nemici come “Unni”, “Barbari” addirittura come il “demonio”. La propaganda fu in un certo senso la musica di accompagnamento dell’“imbarbarimento”di fatto della guerra. Cosa rappresentò la Prima Guerra Mondiale per le nazioni belligeranti? La questione è strettamente collegata con la memoria collettiva. Con poche eccezioni, il ricordo della guerra, dopo il 1918, fu caratterizzato dal prevalere delle rispettive “prospettive” nazionali. Non si riesce a comprendere l’incapacità di una riflessione critica se non si tiene presente che dopo il 1918 la “Grande Guerra” fu sempre più al centro dell’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa tanto che alla fine nessuno fu più in grado di distinguere i fatti dalla finzione. In Germania e Austria-Ungheria, che erano state sconfitte, e in Italia, che “si sentiva sconfitta”, il ricordo era tanto più controverso in quanto l’esito della guerra e la definizione del nuovo assetto di pace ad opera della conferenza di Parigi risultavano profondamente scoraggianti. (…).

Gerhard Hirschfeld, Fu una guerra totale, in Il Sole-24 ore, 18.5.2014, p. 38

 

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