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Pubblicato da il 7 Dic 2016 in Chiesa | 0 Commenti

I cattolici: incapaci di “sviluppare posizioni politiche conseguenti” (G. Formigoni)

 

(…). Allo scoppio del conflitto europeo, i cattolici milanesi, non diversamente dalla gran parte del mondo cattolico nazionale, avevano in grande prevalenza sostenuto la neutralità dichiarata dal governo. Filippo Meda guidò in settembre un convegno delle associazioni cattoliche che approvò quasi all’unanimità una mozione di appoggio al governo e di critica a chi pretendeva “di giustificare l’agitazione diretta a coinvolgerci negli orrori e nelle rovine della guerra”, completata peraltro con l’auspicio che “popolo e Governo persistano nella condotta prescelta, tesoreggiando le energie nazionali per l’ora del cimento che rendesse necessaria l’azione concorde di tutto il paese contro aggressioni o minacce straniere”.

Tali posizioni condussero anche a forti polemiche pubbliche. Il “Corriere della sera” di Albertini criticò il cardinal Ferrari, che aveva osato augurarsi “che la patria nostra preservata finora dagli orrori della guerra lo sia anche in avvenire”. In risposta, sulla stampa cattolica si alzò la polemica, da una parte contro l’interventismo democratico (socialriformista o massonico), dall’altra contro il nazionalismo.

Le neutralità sostenuta da larga parte del movimento cattolico, come è noto, si accompagnava però a una scarsa volontà e capacità di sviluppare posizioni politiche conseguenti. All’inizio del 1915, così, questo complesso di posizioni giunse a ridimensionare il senso del neutralismo, parlando di una neutralità “condizionata” ai supremi interessi della patria. Siccome questi ultimi andavano interpretati dalla autorità costituite, si inseriva qui una precomprensione chiara di appoggio alle decisioni governative, qualora ne fosse la determinazione finale (e dopo il discorso di Salandra sul “sacro egoismo” le cose non potevano essere uguali alle prudenti mosse di Sangiuliano nei primi giorni della neutralità). Si spiega in questo orizzonte umano e concettuale la svolta repentina del maggio 1915 operato ad esempio proprio da Filippo Meda. Dopo aver confidato fino a pochi giorni prima nel successo del parlamento nell’imporre la conferma della neutralità, il deputato di Rho accettò la decisione di Salandra, Sonnino e del re, votando a favore di pieni poteri con una dichiarazione in cui si giustificava con una retorica inusuale per lui sulla “voce sacra della patria”.

Il grosso del mondo cattolico milanese sembrò subire disciplinatamente le conseguenze di questa repentina svolta. Ferrari continuò una riflessione sugli eventi bellici che era per certi versi tipica di un approccio diffuso, per altri portata a qualche accentuazione originale. Egli non si fermava alla classica lettura degli eventi bellici come frutto del castigo divino per una umanità peccatrice e apostata. Distinguendosi, potremmo dire sinteticamente, dalla linea assunta da papa Dalla Chiesa, che continuò a evidenziare i drammi della guerra e la sua devastante lontananza da qualsiasi recupero cristiano, il presule milanese sottolineava piuttosto una visione provvidenzialista: la guerra poteva addirittura rivestire un ruolo di correzione e di espiazione dei mali compiuti.

Una posizione diversa, pur se con qualche elemento di convergenza, fu sviluppata da padre Agostino Gemelli. Convertito anch’esso dall’iniziale triplicismo all’appoggio alla guerra antiaustriaca (e usando sui suoi periodici parole molto forti contro il nemico), coniò lo slogan “tacere e obbedire” di fronte alle decisioni del governo. L’idea di sostenere l’integrazione dei soldati nello sforzo militare patriottico si spiegava sullo sfondo di una lettura della guerra come occasione per riportare il mondo verso i veri valori della cristianità. Egli si spendeva quindi su toni e posizioni molto radicali. Fino a lanciare quell’iniziativa per la consacrazione dei combattenti al Sacro Cuore, che poteva avere anche un’ispirazione di chiara pietà religiosa, ma che scivolava rapidamente in una sintesi cattolico-nazionalista. L’iniziativa si attirò molte preoccupazioni dal Vaticano.

E l’ingresso di Meda nel ministero Boselli di sia pur monca “unità nazionale”, fu il segno che la guerra aveva accelerato fortemente il processo di nazionalizzazione del mondo cattolico.

Guido Formigoni, Cattolici milanesi. Da neutralisti a interventisti, in Avvenire, 1 dicembre 2016, p. 26

 

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