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Pubblicato da il 26 Gen 2019 in Frammenti | 0 Commenti

Il cannibalismo della Prima guerra mondiale: l’uomo “bestiale” (C. Tenuta)

Il cannibalismo della Prima guerra mondiale: l’uomo “bestiale” (C. Tenuta)

Gli spartachisti (…) colleghi di feccia (…) che schiamazzano nel quartiere dei giornali e puzzano di incendio e di strage. Belve! Belve! Belve! Perché vi chiamiamo belve? To’, perché mangiate carne! E perciò bisogna sterminarvi

dice il reazionario Balike nei Trommeln.

(v. Bertold Brecht, Tamburi nella notte, Torino, Einaudi 1963, p. 38)

* Non si può affermare con certezza che Brecht intenda alludere, anche soltanto attraverso una pratica di svelamento dell’inconscio, ad un’accusa di cannibalismo, di sicuro però la civiltà europea, così profondamente martoriata dalla guerra mondiale tanto sul piano concreto e materiale – i morti delle trincee – quanto su piano simbolico, sembra fare nuovamente i conti con un rito talmente orripilante da invadere in toto l’immaginario che qui si traduce nella scrittura: quando si diviene consapevoli che lo scontro tramuta l’uomo in una semplice componente della massa che ingrossa la poltiglia dei corpi indistinguibili delle trincee, uomini dal corpo trasformato e “reso sinistramente moderno nel trionfo dell’elemento artificiale su quello naturale (l’elettricità trasformò le notti in giorno, la chimica degli esplosivi polverizzò le montagne modificando il paesaggio), dalla fungibilità di biologia e tecnologia (le protesi sostituirono gli arti distrutti), dal senso del tempo come discontinuità e il suo disancorarsi dalle matrici biologiche, naturali o più semplicemente tradizionali” (in G. De luna, Il corpo del nemico ucciso. Violenza e morte nella guerra contemporanea, Torino, Einaudi, 2006, p. 44), succede che il confine tra pratiche ammissibili e non sia di fatto impercepibile, e proprio nel superamento del limite si giunge ad acquisire uno statuto di umanità di carattere altro, forse appunto bestiale.

Carlo Tenuta, “Il fatto è che vivo in un mondo di sogno”. Rosa Luxemburg: il corpo, il mito, la storia, in (a cura di) Elisa Avezzù, Saveria Chemotti, Donne mitiche mitiche donne, Il Poligrafo, 2007, p. 193

(* in nota; ndr)

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