Incipit del libro e fine della guerra (A. Cazzullo)
Dal diario di guerra di Silvio D’amico:
“In un reggimento di fanteria avviene un’insurrezione. Si tirano colpi di fucile, si grida “non vogliamo andare in trincea”. Il colonnello ordina un’inchiesta, ma i colpevoli non sono scoperti. Allora comanda che siano estratti a sorte dieci uomini; e siano fucilati. Ma i fatti erano avvenuti il 28 del mese, e il giudizio fu pronunciato il 30. Il 29 del mese erano arrivati i “complementi”, uomini inviati a colmare i vuoti aperti dalle battaglie. Si domanda al colonnello:
“Dobbiamo imbussolare anche i nomi dei complementi? Essi non possono aver preso parte al tumulto del 28: sono arrivati il 29”.
Il colonnello risponde:
“Imbussolare tutti i nomi”.
Su dieci uomini da fucilare, due degli estratti sono arrivati il 29, e non possono essere colpevoli di nulla. All’ora della fucilazione la scena è feroce. Uno dei due complementi, entrambi di classi anziane, è svenuto. Ma l’altro, bendato, cerca col viso da che parte sia il comandante del reggimento, chiamandolo a gran voce:
“Signor colonnello”! signor colonnello!”
Si fa un silenzio di tomba. Il colonnello deve rispondere.
“Che c’è, figliolo?”
L’uomo bendato grida:
“Signor colonnello! Io sono della classe del ’75. Io sono padre di famiglia, io il giorno 28 non c’ero. In nome di Dio”.
Risponde paterno il colonnello:
“Figliolo, io non posso cercare tutti quelli che c’erano e non c’erano. La nostra giustizia fa quello che può. Se tu sei innocente, Dio ne terrà conto. Confida in Dio”.
Aldo Cazzullo, La guerra dei nostri nonni. 1915-1918: storie di uomini, donne, famiglie, Mondadori, 2015, p. 3-4