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Pubblicato da il 6 Dic 2014 in Retroscena | 0 Commenti

La guerra per uscire dalla crisi di credibilità (M. MacMillian)

 

Uno dei tratti caratteristici dell’epoca che precedette la crisi del 1914 è il numero addirittura straordinario di fobie che sembravano affliggere la società europea. Una delle principali – inquietante analogia con la nostra epoca – era la paura dei terroristi, implacabili nemici della civiltà occidentale in agguato nel suo stesso seno. Come sarebbe accaduto nel 2001 dopo gli attacchi dell’11 settembre, nessuno sapeva quanto terroristi erano attivi né quanto efficaci o diffuse fossero le loro reti: l’unica certezza era che sarebbero tornati a colpire a loro discrezione, e che la polizia non poteva fare molto per fermarli. A cavallo tra i due secoli un’autentica ondata di attentati squassò l’Europa, con epicentri in Francia, in Russia, in Spagna e negli Stati Uniti. Spesso ispirati alle dottrine anarchiche, che denunciavano tutte le forme di organizzazione sociale e politica come strumenti di pressione, ma talvolta mossi da puro e semplice nichilismo, i terroristi facevano esplodere ordigni, lanciavano bombe, accoltellavano e sparavano con efficacia quasi sempre letale. Tra il 1899 e il 1914 assassinarono il presidente francese Sadi Carnot, due primi ministri spagnoli (Antonio Cànovas nel 1897 e José Canalejas nel 1912), re Umberto I d’Italia, il presidente statunitense McKinley (i cui attentatori si ispirarono agli assassini di re Umberto), l’imperatrice Elisabetta d’Austria, lo statista russo Stolypin e il granduca Sergej, zio dello zar. (…).

E se i terroristi avessero avuto ragione? Quella prospettiva era ancora più inquietante del rischio di attentati. Se davvero la società occidentale fosse stata corrotta fino al midollo e degenerata, degna di essere gettata nella discarica della storia? Forse era giunto il momento di infondere nuova energia nella nazione e di prepararla a combattere per la sopravvivenza, un teorema che sfociava nella glorificazione delle virtù militari, se non della guerra in quanto tale. (…).

Quel che è peggio, molti europei iniziavano a considerare la guerra un male addirittura inevitabile. Nel 1914, alla vigilia del conflitto, Oswald Splenger portò a termine il suo monumentale volume Il declino dell’Occidente, una delle cui tesi portanti era l’idea che le civiltà, come il mondo naturale, soggiacessero a cicli di nascita, crescita e morte, e che il mondo occidentale fosse entrato nel suo ultimo stadio. (…).

Spesso e volentieri la guerra era paragonata a un tonico da somministrare a un paziente o a un’operazione praticata in extremis per rimuovere una cancrena. “Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo”, dichiarava il poeta futurista e futuro militante fascista italiano Filippo Tommaso Marinetti.

Margaret MacMillian, 1914. Come la luce si spense sul mondo di ieri, Rizzoli, 2013, p. 307-315

 

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