La morte vigliacca di una fucilazione e la follia della guerra (P. Malaguti)
“Faccia passare questo soldato per le armi”.
L’ordine arriva senza irruenza, calmo e naturale, come se il Graziani stesse ragionando del tempo o del raccolto e avesse dato un consiglio al tenente per avere più grano o gelsi più rigogliosi l’estate successiva. Il tenente, infatti, per un istante pare non aver capito di cosa si stia parlando, e rimane interdetto a guardare ora il generale, che con calma si sta sistemando il cappotto, ora gli aquiloni, che se ne stanno lì fermi, con i fucili spianati.
Al Vecio, e questa cosa gli resterà in mente per anni, viene da pensare a quanto vigliacca possa essere la morte, e quindi la vita. Pensa a quante volte un qualsiasi soldato abbia paura di morire sotto le bombe o davanti ai reticolati del nemico, e a quante volte effettivamente i soldati vadano a morire proprio lì, confermando il proprio terrore. Però in queste morti, in qualche modo previste, c’è una sorta di senso della giustizia, essendo attese, chi ci casca lo fa non certo con piacere, ma spesso con rassegnazione. Lì si muore, e se tocca a te, ebbene, sarai un altro mucchio di stoffa e di ossa che biancheggiano al sole. Uno di più o uno di meno, nessuno noterà la differenza, a parte chi hai lasciato a casa, se c’è qualcuno che ti aspetta.
Ma le morti più insulse e più impreviste, quelle lì lasciano l’amaro in bocca, e il senso profondo di una stupidità estrema nella fine che si poteva evitare, o che è frutto di contorte ingiustizie contro le quali comunque non si può nulla. E tante di queste morti è toccato di vedere, al Vecio. Un dio mama che, in preda al sonno, ha tolto la sicura alla sua granata ma poi, forse per paura o forse per stanchezza, si è dimenticato di lanciarla oltre la trincea ed è saltato in aria lì, portando con sé qualche pezzo di chi gli stava vicino. Un attacco finito in macello perché l’artiglieria, da dietro, ha ricevuto ordini sbagliati e, convinta che quel settore, caduto in mano tagliana il giorno prima, fosse ancora kakano, ha pensato bene di batterlo a tappeto. Compagni d’armi astuti e capaci, sopravvissuti agli attacchi peggiori e ai bombardamenti più lunghi, morti per la dissenteria o per la polmonite, cacando sangue o sputandolo.
È alla luce di tutte queste morti che il Vecio, e anche gli altri, e in fin dei conti anche Baguzzi, ascoltano in silenzio le parole del generale. E giudicano queste parole crudeli ed estreme, ma non inaccettabili, non impreviste, non folli. Non più folli di tutta la morte e tutta la guerra vissute fino a quel momento.
Paolo Malaguti, Prima dell’alba, Neri Pozza, 2017, p. 238-239
Dal repertorio del lessico di trincea; nel libro)
* aquiloni = carabiniere, dalla foggia del copricapo d’ordinanza
* dio mama = soprannome dato dai veterani del fronte alle nuove leve