“La pace è finita per sempre nel ’14” (P. Rumiz)
Torniamo a valle e, dopo un lungo periplo fra boschi e praterie popolate di cavalli, subito oltre il cartello SLOWENSKO, ecco altri cimiteri, ma della Seconda guerra, con migliaia di croci tedesche lungo strade di campagna. Sono nuovamente di fronte all’idillio ingannatore che ti consola e depista dopo il macello. Il forestiero passa in fretta e non può rendersi conto che qui non c’è stata requie per trent’anni, perché non uno, ma due conflitti planetari hanno devastato questo spazio che oggi pare fuori dal mondo. Il passante non impara che qui con in Bosnia, come dalle mie parti, come lungo il Reno, la guerra moderna si accanisce proprio sui mondi plurali e bastardi, allergici alle identità monolitiche. Non capisce che la pace è finita per sempre nel ’14, con la fine degli imperi, e che da allora la Terra trema ancora, sulle stesse linee di faglia.
Paolo Rumiz, Come cavalli che dormono in piedi, Feltrinelli, 2014, p. 98-99