La politica armata (E. Gentile)
L’esaltazione del combattente come un “uomo nuovo” forgiato dalla guerra fu uno degli aspetti del fenomeno della militarizzazione della politica, cioè la formazione di organizzazioni paramilitari che esercitavano la violenza armata nella lotta politica. Organizzazioni simili sorsero in Europa subito dopo la fine della guerra per iniziativa di ufficiali e soldati che avevano combattuto al fronte, come Freikorps in Germania e l’Associazione degli Arditi in Italia. (…).
Nell’ambito delle organizzazioni paramilitari tedesche nacque nel 1920 il partito nazionalsocialista, per iniziativa di Adolf Hitler, il vagabondo nato in Austria e arruolatosi volontario nell’esercito tedesco, combattendo sul fronte occidentale, dove aveva meritato il grado di caporale.
La militarizzazione della politica avvenne anche in un paese uscito vittorioso dal conflitto, come l’Italia, dove nel marzo del 1919 Benito Mussolini, che era stato interventista volontario e combattente, conseguendo al fronte il grado di caporale, fondò il movimento politico dei Fasci di combattimento, che già nella denominazione manifestava fin dall’inizio la sua concezione paramilitare della politica, avvalendosi fin dall’inizio di squadre armate, formate da arditi e veterani, nella lotta contro gli avversari.
Emilio Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Laterza, 2014, p. 183-186