L’amore infranto (C. Pastorino)
I DUE FRATELLI
Son di Torino: l’uno è Mario, l’altro Giovanni. Mario e Giovanni Carrera. Sono insieme nello stesso reparto e, per lo più, quando è comandato l’uno viene comandato anche l’altro. Sono assai giovani e si assomigliano tanto che spesso vengono confusi fra loro. Intelligenti e pronti, vengono proposti per caporale e presto saran sergenti. Non v’è chi non li ami: piace soprattutto in loro la reciproca affettuosità e la dolcezza attiva che regola ogni loro azione.
Non è possibile posare su di loro gli occhi senza sentire un profondo intenerimento. Mario è il maggiore. Questi ha lineamenti forse un poco più fini e gli occhi leggermente più scuri; ma veduti a distanza di dieci passi ogni differenza scompare. È strano come nelle loro fattezze si sia portati a vedervi quelle della madre. In essi si vede la madre. E deve esser una madre bella e buona, se oltre ad aver figli così belli ha saputo educarli a tanta gentilezza e bontà. Si son ricongiunti a richiesta di Mario, che era sull’altipiano dei Sette Comuni; e la richiesta deve avere commosso, perché otto giorni dopo egli aveva già ottenuto. Qui è venuto per proteggere il fratello minore. Ma com’è possibile in guerra la protezione? Pure ci si illude.
Ma il protettore un giorno è ferito al petto. Giovanni che è con lui lo afferra e con grande difficoltà, attraverso un terreno tutto battuto, lo porta in un riparo. Ma non è ancora al posto di medicazione; e riprende il fratello e va: un portaferiti vuole aiutarlo, ma Giovanni non permette. Va di buon passo e chiama intanto: “Mario, Mario”.
Cinque minuti dopo Mario non rispondeva più.
Carlo Pastorino, La prova del fuoco, Egon, 2010 (or. 1926), p. 108