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Pubblicato da il 9 Nov 2023 in Storia | 0 Commenti

L’insurrezionale irriducibile Giacomo Matteotti (G. Matteotti – D. Lugli)

 

INTERVENTI SULLA GUERRA DI GIACOMO MATTEOTTI

 

Il pensiero di coloro che stanno uccidendosi è terribile; e mi par giusta l’insurrezione se si volesse domani con assai poca lealtà lanciarsi in guerra contro l’Austria. Ma tira il vento di piccole viltà anche nel mio partito.

(dalla lettera alla fidanzata, inizio settembre 1914)

 

Anche se, per dannata ipotesi, la nostra opposizione alla guerra non dovesse trionfare essa resta, no, una posizione trascendentale, infeconda. Essa è la preparazione al nostro avvenire; e nulla vi è di più fecondo, di meno trascendentale, delle sementa. Noi dobbiamo essere oggi contro la guerra, magari anche inutilmente, perché domani sia possibile essere un proletariato educato all’avversione irreducibile contro la guerra

(in “Lotta”, 31 ottobre 1914)

 

Non i cattolici di Vienna e Monaco sono insorti contro la guerra; essi sono cristiani, ma intanto aiutano a sgozzare i fratelli cristiani di Francia e del Belgio. Contro la guerra è soltanto un socialista… Carlo Liebknecht non ha tenuto il fucile e il capestro prussiano. Temeranno i socialisti d’Italia e del Polesine i fucili e i capestri nostrani, per non rivendicare l’unione dei lavoratori contro tutte le guerre, per tutte le libertà?

(in “Lotta”, 12 dicembre 1914)

 

(…) Ah, perché non si è elevato in alto un terzo, un uomo che venisse su dal popolo, e rovesciando l’idolo della pavida neutralità giolittiana da una parte, rovesciando quello dell’interventismo salandriano dall’altra, ne mostrasse dietro tutti e due le impalcature borghesi, essenzialmente mercantili, fatte di truffa e di trucco – così che la grande folla, assente dalle dimostrazioni dei giorni scorsi, non dubitasse un istante per armarsi e distruggerle e piantarvi la bandiera della pace umana.

Troppo debole è stato il proletariato italiano; e mentre in molte città e in quasi tutte le campagne la folla operaia picchiò sodo sulle spalle interventiste in fuga e accompagnò i richiamati alla stazione gridando abbasso la guerra – essa si è lasciata piuttosto illudere da tutta la stampa radico-clerico-repubblico-agraria, che gonfiava le dimostrazioni interventiste e nascondeva le altre – ha dimenticatoi che i poliziotti e i birri nelle città ammanettavano i gruppi socialisti, per far argine e corona agli interventisti d’ogni colore – e ha creduto che passasse la volontà d’Italia. (…).

Prepariamoci ormai a veder dilagare la menzogna; prepariamoci a leggere vittorie sopra vittorie; i socialisti sotto il bavaglio della censura o alla mercé di ogni revolver di birro non esisteranno più; il re amico di Guglielmo diventerà il gran re della Vittoria, e ogni piccolo savoiardo sarà un eroe incommensurabile; ogni borgo celerà al borgo vicino l’ospedale doloroso che ha raccolto dentro le mura al posto delle scuole; e Rapagnetta (sempre D’Annunzio) venderà una gesta per ogni decade.

Orsù, lavoratori che fate? Levatevi il cappello, passa la patria e ormai non ci sono più socialisti; passa la rovina, passa la guerra, e voi date ancora la vostra carne martoriata.

 (dall’articolo “L’ultima vergogna, in ”Lotta”, 21 maggio 1915)

 

Gridava “Abbasso la guerra” e rivolgendosi ai membri della maggioranza che emettevano espressioni patriottiche in favore della guerra gridava: “Siete degli assassini”. Inoltre avendo qualche membro della maggioranza gridato: abbiamo il nemico alle porte! il Matteotti gridava: “A noi non importa, noi siamo dell’Internazionale, sì’, siamo, come dite voi, dei senza patria; siete dei barbari, dei barbari in confronto agli austriaci; le manifestazioni patriottiche sono delle provocazioni ai nostri sentimenti”.

(dal rapporto del Prefetto di Rovigo dopo il Consiglio provinciale del 5 giugno 1916, quando a Matteotti venne tolta la parola per le sue “dichiarazione disfattiste” e venne denunciato)

 

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Anche a guerra finita si oppone a che il suo partito si associ, come scrive a Turati, a manifestazioni di esaltazione della vittoria, “di una vittoria che per un altro proletario si risolve in una sconfitta e in una oppressione. Perciò ti avevo sempre scritto nel senso di patria libera e mondo senza guerre. Ma mai più oltre”, e contesta la serietà di leggi che propongono la confisca dei sovraprofitti di guerra. “Il profitto di guerra rappresenta, in sintesi, il profitto capitalistico: così come il cristallo fabbricato in due giorni nel laboratorio  del chimico rappresenta, in sintesi, il cristallo creato dalla natura in anni e secoli: la borghesia che non sente l’ingiustizia del profitto e del sistema capitalistico, e che non comprende il socialismo, non potrà neppure colpire e confiscare il profitto di guerra”.

Da deputato sottolinea, con dati incontestabili, l’esorbitante costo delle guerre, che ai cittadini in generale tocca sostenere, mentre una minoranza si arricchisce con sovraprofitti.

È quasi il solo in Italia, per competenza economica e conoscenza linguistica, che capisce Keynes (“The Economic Conseguences of the Peace”) e ne condivide il giudizio sull’iniquità e insostenibilità delle condizioni imposte alla Germania per la rifusione dei danni. Tutto ciò avrebbe comportato profonde fratture in Europa, determinato un’involuzione antidemocratica in Germania e preparato una nuova guerra. La risposta a questa situazione, l’antidoto a nuovi conflitti, non può che essere l’unità degli Stati europei. Lo scrive come segretario nelle Direttive, pubblicate nel 1923, del Partito Socialista Unitario:

“L’Internazionale socialista mira invece a diffondere e sostenere sempre la comune causa del lavoro, contro il parassitismo e la speculazione sfruttatrice dei diversi capitalismi. Dovrà quindi tentare di favorire ogni iniziativa che dirima i conflitti tra i popoli, li associ con vincoli pacifici, eviti o faccia cessare le opposte violenze e minacce. Dovrà favorire il formarsi di una vera Lega delle nazioni, e più immediatamente degli Stati Uniti d’Europa, che si sostituiscano alla frammentazione nazionalista in infiniti piccoli stati turbolenti e rivali”.

 

(da: Daniele Lugli, Giacomo Matteotti obiettore di coscienza, Edizioni Movimento Nonviolento, 2012, p. 14)

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