Menu Pagine
TwitterRssFacebook
Menu Categorie

Pubblicato da il 31 Lug 2018 in Storia | 0 Commenti

L’obbedienza passiva. Si parte per non tornare (L. Del Boca)

L’obbedienza passiva. Si parte per non tornare (L. Del Boca)

Anche il giornalista Silvio Benco ebbe modo di pennellare in un suo articolo la partenza delle truppe. “La banda strepitava segnando il passo ai partenti che s’incolonnavano. Ma non tutti. Taluno non poteva staccarsi dai figlioletti che gli si aggrappavano al petto piangendo, taluno non poteva staccarsi dalla donna avvincolata al suo braccio con la forza convulsa dell’eccesso nervoso. I sopravvenienti incalzavano. La fatalità respingeva il dolore, lo strepito della banda, lo schiamazzo dei vociatori serbofobi, coprivano le imprecazioni ormai alte, le grida di strazio ormai forsennate. I soldati dal berretto in fiori, vermigli di vino e pianto, erano ammassati in fretta nei carrozzoni del treno.”

Per la gente del popolo, la guerra rappresentava uno spreco di risorse, di tempo e di energia. “È stata voluta dagli interventisti che gridavano viva la Francia e viva Trento e Trieste. I neutralisti non la volevano e perciò urlavano abbasso la Francia e Trento e Trieste. Noi che stavamo facendo la guerra non abbiamo gridato nulla.”

Il semplicismo degli ignoranti non ammetteva disquisizioni e teorie. La patria era una concezione estranea. Trento e Trieste creazioni mitiche che non riuscivano a commuoverli. E l’Austria, altro che terra dei tiranni, era il Paese dove si parlava austriaco.

Nessuno slancio, l’obbedienza di quattro generazioni di ragazzi fu sostanzialmente passiva.

In questo panorama di disperazione giusto un’eccezione.

Il “generalissimo” Luigi Cadorna, dichiarata la guerra, avviandosi al Comando di Stato Maggiore, aveva da preoccuparsi di conservare il profumo di un mazzo di margherite che avevano bisogno di acqua fresca. “Carissime,” scrisse infatti a moglie e figlia “fui commosso per i fiori di Carla. Vedrò di farli durare a lungo… Quale pensiero delicato!”

Lorenzo Del Boca, Il sangue dei terroni, Piemme 2016, p. 37-38

Pubblica un Risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *