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Pubblicato da il 2 Nov 2017 in Letture | 0 Commenti

“Nome dopo nome, ricomincia a camminare” nella “normale follia della guerra” (P. Malaguti)

 

Il Vecio capisce, tutto in un colpo, che ha vissuto due anni e mezzo della sua vita in quelle colline squarciate, e che ora se ne va. Che ha accettato l’idea di morire laggiù cento e cento volte, perché sperare di restare vivi faceva troppo male, e ora quella terra e quella trincea non sono più sue.

E infine che i morti che ha visto in quegli anni sono morti per portare avanti una linea invisibile, che nella mente di qualcuno era l’Italia, nella sua era solo la linea di fuoco e di morte della fronte. E ora, dall’oggi al domani, senza tanti se o ma, come a svegliarsi tardi e a dover corre fuori sennò ti scappa il treno, e non hai nemmeno il tempo di salutare la sposa ferma sulla porta, tutto viene lasciato lì. Ci sono migliaia di morti insepolti. Ossa e divise, scarponi e adrian, calpestati attacco dopo attacco. Quello spazio orrendo, davanti all’Ermada o sulla Bainsizza, quella terra sassosa, quelle pietraie infuocate al sole d’agosto, fetide della decomposizione, putride di sangue vecchio, scannatoi ciechi, macelli abbandonati, mattatoi vigliacchi, avevano un senso perché lì si moriva, si combatteva ancora.

Il Vecio sente improvvisamente che quei morti adesso saranno soli, e forse nessuno dei nuovi padroni che poi a ben vedere erano già padroni prima, saprà o si curerà di sapere chi è morto e come è morto. Bigazzi dissanguato sui reticolati, Caracciolo decapitato da un calabrone kakano, Finco centrato da un direttissimo e scomparso in una nuvola di schegge, terra e altro.

Il Vecio sente che i nomi, dentro di lui formano una lunga lista, e allora inizia a recitarseli nella mente e, nome dopo nome, ricomincia a camminare.

Ma quella marea in cui il Vecio si muove in avanti, nome dopo nome e passo dopo passo, non è di sole lacrime e visi serrati dal dolore e dall’incomprensione di quanto accade. Questa Quaresima grigia è anche, in modo folle e grottesco, un Carnevale grasso e manigoldo. È questo stridere di opposti compresenti, la percezione di una gigantesca contraddizione calata nella più normale follia della guerra, che fa vacillare sul baratro della pazzia più di un soldato esperto.

(Repertorio del lessico di trincea; nel libro)

* Adrain: elmetto in dotazione al Regio Esercito

* Calabroni: schegge di proiettili di grosso calibro

* Kakano: soprannome dato ai soldati autroungarici

Paolo Malaguti, Prima dell’alba, Neri Pozza, 2017, p. 104-105

 

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