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Pubblicato da il 8 Ago 2015 in Frammenti | 0 Commenti

“Non c’è nulla da festeggiare” (Il Giornale di Vicenza, 25 maggio 2015)

“Non c’è nulla da festeggiare” (Il Giornale di Vicenza, 25 maggio 2015)

 

Piazza dei Signori. La cerimonia e l’affondo del primo cittadino. Variati: “Ma non c’è nulla da festeggiare”

Non c’è nulla da festeggiare”. Su questo il sindaco Achille Variati è irremovibile. Anzi, guarda avanti e pensa che questi quattro anni di celebrazioni possano servire per riportare un po’ di verità su quanto è accaduto in un secolo di storia. La sua analisi non poteva che partire dal passato. È la fine della giornata, parla da piazza dei Signori dove si accendono i led che illumineranno tutta la notte la Basilica con il tricolore. “Abbiamo mandato in guerra centinaia di migliaia di soldati analfabeti, equipaggiati male, strumentalizzati dagli interventisti, spronati da intellettuali non equilibrati come Gabriele D’Annunzio. Oppure da Tommaso Marinetti che nel Manifesto del Futurismo scrisse che la guerra era l’igiene del mondo. E ancora da un re, Vittorio Emanuele III, piccolo non solo di statura, ma senza autorevolezza e pieno di paure che lasciò trascinare l’Italia nella Prima Guerra, poi nel fascismo quindi nella Seconda, incapace di essere un punto di riferimento per il bene comune”. E il sindaco torna sul concetto della festa. “Che cosa abbiamo da celebrare, che cosa?”. La risposta . “Una vittoria che non ci ha portato nulla. Onore e ricordo, sì, ma solo nei confronti di quei disgraziati che sono marciti nelle trincee e delle donne che li hanno sostituiti nelle campagne e di coloro che magari invadili e feriti sono tornati a casa in un’economia di guerra che aveva impoverito il Paese e per questo furono costretti a sbarcare il lunario per anni. Sono queste le sole persone che dobbiamo ricordare”. Ma gli affondi non mancano. “Non dobbiamo avere paura di dire la verità, nascosta anche dopo l’ultima guerra mondiale, quasi ad inneggiare alla vittoria tanto che il 4 novembre viene festeggiato. Ma la vittoria di che cosa? Quella è stata una guerra sbagliata che andava evitata. Ora, dopo cent’anni, dovremmo avere il tempo di mettere le cose a posto. Far capire alle giovani generazioni che non si difendono i valori con le guerre”. Non poteva mancare un accenno all’attualità. “Gli ultimi bombardamenti in Libia, a cui anche l’Italia ha partecipato, a cosa sono serviti? Abbiamo migliorato quello Stato, abbiamo portato forzatamente la nostra democrazia? No. Ecco perché i prossimi dovranno essere anni di riflessione, l’unica via che dobbiamo perseguire è quella del dialogo, del rispetto, della fermezza. E ancora della politica, quella vera, alta”.

C. R. (Chiara Roverotto), Il Giornale di Vicenza, 25 maggio 2015, p. 6-7

 

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