“Opporsi continuamente alla guerra (G. Matteotti)
È permesso affermarsi, recisamente, assolutamente neutralisti senza essere dei “sentimentalisti”, senza diventare “temerariamente demagoghi”, senza sentirsi dire (non dico senza essere) imbecille?
È permesso indicare al nostro Partito il dovere di opporsi con tutte le armi possibili all’intervento, senza confondersi né con i miracolisti anarcoidi, né con i dogmatici che segnano sempre il passo sullo stesso piede di terreno?
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Resta fissato in generale che il Partito socialista di ogni paese ha il dovere di opporsi continuamente alla guerra, e al suo strumento e creatore, il militarismo. Ogni partito socialista vota contro le spese militari ordinarie del proprio paese (ancora non ho sentito da nessuna parte enunciare il contrario) per significare l’intesa, le aspirazioni internazionali dei lavoratori contro i Governi dominanti.
Perché, proprio io, non mi sento di rallegrarmi troppo che “altre forze abbiano sorretto la neutralità” fino ad oggi anche senza di noi. Una neutralità che continui così, per quelle altre forze all’infuori della pressione proletaria, non dà nessuna garanzia, non rappresenta alcun progresso di azione e di influenza della classe lavoratrice, e domani, in altre circostanze, saremmo in balia di quelle stesse forze, che volessero invece la guerra.
Così come la moralità di un uomo non è maggiore per il fatto che, essendo piccolo, non osi picchiare uno più grande, o altre circostanze materiali glielo impediscano.
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Una neutralità che fosse imposta al Governo dal Partito socialista (e per singolare fortuna nostra, in questo momento, senza pericolo di sottomettere il popolo italiano alla maggiore schiavitù di una borghesia straniera) avrebbe in questo momento un effetto immenso sull’Internazionale di tutto il mondo. ne segnerebbe la rinascenza più florida. Ogni proletariato degli altri Stati saprebbe finalmente (mai invece socialisti francesi e tedeschi confidarono gli uni negli altri) di avere nel proletariato italiano il fratello pronto a impedire la strage.
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Un milione di proletari organizzati nell’Italia settentrionale sono sufficienti a far riflettere qualsiasi Governo sulla opportunità di aprire una guerra poiché non soltanto noi dovremmo preoccuparci d’ “aggiungere anche la guerra civile”; e non sappiamo fino a dove si possa temere uno spargimento di sangue, se altrimenti la grande guerra moderna falcerebbe, nel nostro stesso campo, centinaia di migliaia di vite.
Unica preoccupazione reale: la possibilità di un simile moto, specialmente dopo i traviamenti di alcuni, le titubanze di altri. E certamente le città, che sono di solito i primi focolai, questa volta sono più facili a dar ascolto agli inni degli studenti in vena di far chiasso.
Ma io conosco anche regioni di campagna, dove il proletariato è pronto a qualsiasi appello.
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Il militarismo, che è essenzialmente violenza, non può limitarsi a funzione di giustizia: il Bene che se n’è servito, diventa Male, per continuare a servirsene.
La vittoria delle Triplice Intesa preparerebbe inevitabilmente nuove guerre: il popolo tedesco non potrebbe non preparare la rivincita.
Giacomo Matteotti, in “Critica sociale” dell’1-15 febbraio 1915