Poesie (D. Borgato)
Vendemmia
3 settembre 2015
Nessuno canta lungo il filare.
Fiaccati dallo spasimo
vecchi, con mani tremanti,
raccolgono grappoli
di rossa una innocente.
Anche sui monti lontani
è tempo di vendemmia.
Vuota di parole,
di sangue incolpevole
si riempie la giovane bocca
di smarrito agnello.
Sono un ragazzo
4 settembre 1915
Se pensi a me
ricorda che sono appena un ragazzo.
La mattina mi avvio al campo,
fischio agli uccelli,
falcio l’erba, raccolgo il fieno,
rubo per te una rosa, una pesca matura.
Corro nel vento splendente,
nell’erba del tiepido maggio.
Il cuore trema per la tua bocca rossa,
i piccoli seni, il sorriso, lo sguardo.
Affondato nel buio dell’abisso,
nell’oceano straripante di nulla
ti scongiuro, pensami.
Per sempre fammi restare un ragazzo.
Fammi vivere per sempre
nel segreto recinto dei tuoi ricordi.
Ti cerco figlio
24 novembre 1915
Nel silenzio leggero della casa
nell’ombra incerta del camino
nel tepore amico della stalla
nel sogno prima del sonno
ti cerco figlio.
Scheggia polvere fango
io non so dove sei.
Il contorno delle tue ossa
è perso nella terra
le mani contadine
sono vuoti ripari di uccelli.
Nell’ora senza tempo
quando il buio lacerante
abbraccia il desolato silenzio
il tuo cuore batte nel mio.
E ti avvolgo in una coperta di lacrime.
Ultima battaglia
Carso, 23 settembre 1916
Invano i compagni
urlano dalle trincee
imprecano
bestemmiano
ci piangono fratelli
sul campo di sterminio.
Nessuno può
richiamarci alla vita.
È persa
l’ultima battaglia.
Noi siamo i disarmati:
soldati morti
invisibili particelle
dell’infinito universo
atomi d’eternità
estranei alla vittoria.
Che resterà di te?
10 giugno 1017
Gli occhi inariditi, stinti i capelli,
muta la bocca, i denti sigillati
soccombo lentamente alla follia.
Un pensiero divora la mente:
Dove sei, amato figlio mio,
dolce frutto della mia annientata vita?
A una madre dovrebbero dire
dove il figlio è rimasto sotterrato.
Una pallida speranza sola resta:
poter trovare domani le tue ossa.
Ma se continua questo orribile flagello
che resterà di te, mio unico tesoro?
Battaglia
17 luglio 1917
Falciato da uno scoppio di granata
cado in ginocchio a morire sulla terra.
Nessuno raccoglie il mio grido soffocato
né asciuga il sangue dalla bocca.
Nessuno accompagna il mio penoso andare
con un bacio, una carezza, una parola.
In solitudine si chiude la mia vita.
Sono una irrisoria perdita
nell’odierno Bollettino di Guerra
stilato sa un estraneo generale.
Figlio di genti contadine
27 ottobre 1917
In attesa di risorgere per sempre
agonizzi ogni notte
nel ricordo dell’assalto fatale.
Insonne vaghi
nel brivido di ogni alba piovosa
tra gli altari di sangue della patria.
Povero eroe ventenne
figlio di genti nostre contadine.
Cimitero alpino
10 febbraio 1918
Nel bosco un richiamo di un uccello
la cantilena sommessa della pioggia
un frusciare impalpabile di brezza
echi tenui di passi tra le croci.
Un raggio di sole tiepido sull’erba
è preannuncio di un’acerba primavera.
La radura con un brivido si sveglia
spuntano gemme, timido nasce un fiore
annusa il pascolo il piccolo capriolo.
Solo voi, oppressi da perenne gelo
affondate nel sonno senza nascita
eternamente spenti da inutile morte.
da: Daniela Borgato, Di sangue incolpevole. Voci dalla bufera 1915-1918, Edizioni Messaggero Padova, 2018