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Pubblicato da il 19 Gen 2021 in Letture | 0 Commenti

“Quegli uomini non hanno ubbidito”: il male del dubbio da parte degli “ostaggi” (I. Fiore)

“Li hanno giustiziati con un colpo di fucile al petto” sta dicendo Maria a Lucia. “Ho pregato per loro.”

Allungo il passo.

“Di che parlate?” chiedo.

“Gli alpini che due giorni fa si sono rifiutati di andare all’assalto sulla cima del Celon” mi dice Lucia. “Il Tribunale militare di guerra li ha giudicati colpevoli. Il processo è durato un lampo, nella scuola di Cercivento.”

“Non è stato ammutinamento!” Sono sconvolta. “Avevamo suggerito un’altra via.”

“Non è contato nulla, per il Comando Supremo. Quegli uomini non hanno ubbidito.”

Non riesco a proseguire. Lucia si volta e mi attende.

“Agata, non affliggerti. È la guerra.”

“Avevano suggerito un’altra via” ripeto, tra le lacrime. Non so perché mi ferisca tanto la loro uccisione. I soldati muoiono ogni giorno.

Lucia torna da me e con una carezza mi asciuga il viso.

“Sono tempi bui” mormora. “Ho sentito dire che alcuni militari sono andati incontro alla stessa sorte solo per aver detto che la guerra è ingiusta. Il dubbio sembra essere considerato un male più grande della febbre da trincea. Deve essere estirpato.”

Ricordo di averlo letto sulle pagine dei giornali, lo chiamano “disfattismo” e la repressione è spietata. Non voglio morir per la Patria, ha scritto un figlio al padre. La Patria lo ha giustiziato, come ha fatto con chi ha esiliato durante un assalto o con chi al fronte si procura ferite in preda alla pazzia.

Mi volto a guardare la cima da cui sono appena scesa. Sembra tutto così lontano da queste meschinità, lassù. Dal capitano Colman all’ultimo soldato che distribuisce le gavette, tutti sembrano animati da coraggio che definirei sovraumano, ma ora mi chiedo se invece, in una misura ai miei occhi insondabile, siamo ostaggio dell’Italia, sempre raffigurata come una donna.

 

Ilaria Tuti, FIORE DI ROCCIA, Longanesi, 2020, p. 204-205

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