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Pubblicato da il 28 Lug 2015 in Letture | 0 Commenti

Se non per odio (G. Pieropan)

Se non per odio (G. Pieropan)

 

(…). Fu proprio durante quell’inverno, agli inizi del ’35 che conobbi Fritz Weber, viennese già tenente d’artiglieria nell’imperial e regio esercito autro-ungarico di rispettata memoria. Il suo nome stava scritto sul frontespizio d’un nuovo libro apparso nella vetrina della più importante libreria cittadina; il titolo campeggiava sinistramente su un fondo rosso fuoco che gli si appropriava bene: “Tappe della disfatta”. (…).

Fritz Weber c’era stato un anno intero dentro al Verle (* forte austro-ungarico sito nella Piana di Vezzena – Altopiano dei Sette Comuni; ndr), fino al maggio tempestoso in cui la valanga d’uomini e di fuoco della “Strafexepedition” era traboccata anche qui intorno, trasferendo il terreno della lotta fin oltre Asiago ed Arsiero, ad un soffio dalla pianura nostra.

La sua storia di quell’anno, nella realtà dei fatti si dilatava in evento di portata storica: forse nessuno degli uomini asserragliati nella roccaforte di cemento ed acciaio aveva percepita l’importanza del dramma che li aveva eletti a suoi occasionali protagonisti. Gli uomini che fanno la guerra, in grandissima parte la subiscono; nel turbine che li afferra e che inesorabilmente li travolge soltanto l’istinto della sopravvivenza, spesso più animalesco che umano, giustifica molti dei loro atti, il più delle volte non strettamente voluti.

Noi meditavamo tranquilli là dove quel dramma si era recitato; e mai, io penso, esso fu rivissuto con tanta intensità ed aderenza al vero come in quel meriggio dorato, nel medesimo scenario di monti e di luminosi orizzonti che n’era stato testimone muto ma non per questo meno eloquente.

Capimmo che non c’era odio, in quel dramma.

Quando, anni dopo, nell‘inchiostro d’una notte torbida e densa di minacce che sovrastava al bigio, cretoso fango d’Albania, udii la straziante invocazione d’un morente perduto oltre le linee, chissà dove, quel “mamma”, quell’urlo terribile non mi giunse nuovo: m’era penetrato ben dentro al cuore una felice domenica di maggio, sul tetto del Forte Verle. (…).

Gianni Pieropan, Due soldi di alpinismo, Giovane Montagna, Vicenza, 1999 (1a edizione Tamari, Bologna, 1970), p. 113-115

Forte_Verle

 

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