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Pubblicato da il 19 Nov 2016 in Storia | 0 Commenti

Strafexpedition o punizione divina? Preoccupazioni diverse (E. Franzina)

 

Sembrerà strano ma fino all’ultimo anche altre paure e altre preoccupazioni tenevano banco nell’imminenza e ancora all’immediata vigilia dell’attacco austriaco. Ad Asiago, per esempio, era arrivata, pressoché in nostra compagnia, la nuova quindicina delle sventurate ragazze messe a disposizione dei combattenti e destinate ad alternarsi (facevano anch’esse, poverette, i turni come noi) in una grande villa poco fuori dell’abitato adibito a postribolo militare. I preti, indignati e allarmati per il frequente ricambio, innalzarono proteste anche più forti del solito contro “la venuta legale delle prostitute” lamentandone il passaggio “con vantata ostentazione demoniaca” per le vie del paese. Il viacario parrocchiale fece anche di più e alla messa vespertina del 14 maggio, nel duomo di San Matteo gremito di fedeli, concluse la sua predica tutta dedicata a stigmatizzare l’avvenimento con la storia di Lot e dei dieci giusti collegandola alla fresca memoria di alcuni bombardamenti aerei e infine dicendo; “se il fuoco avesse a discendere nuovamente dal cielo, auguro che né io né voi abbiamo a dire il me culpa!”.

Con questi e altri anatemi dello stesso sinistro tenore, di cui si diceva che avesse subito riferito scrivendogliene qualcosa addirittura al papa, Benedetto XV, il vescovo di Padova Luigi Pellizzo, la profezia intendeva minacciare ai reprobi del sesso e ai peccatori in grigioverde immani sciagure direttamente per punizione divina. In effetti essa era stata appena formulata quando, all’indomani, un lunedì, preceduta due ore avanti dal volo di un ricognitore, cadde su Asiago, alle sette precise del mattino, la prima bomba sparata da un cannone di marina che il nemico aveva piazzato chissà dove. Si seppe poi che gli austriaci lo avevano installato a Calceranica vicino al lago di Caldonazzo dall’altra parte delle montagne, ma quello non fu che l’inizio di un fuoco distruttivo degli obici Skoda da 380 mm. che si scatenò sulle posizioni italiane dagli Altopiani dei Fiorentini e di Folgaria, dalla Val Terragnolo e dalla Vallarsa aprendo la strada all’avanzata delle fanterie austriache le quali per cinque giorni consecutivi non cessarono di penetrare nel territorio presidiato dai nostri soldati ancora disposti in proiezione offensiva. Ed era anche questo, disgraziatamente, soltanto il preannuncio di una più vasta manovra strategica assolutamente ambiziosa che se fosse riuscita avrebbe precluso agli italiani ogni possibilità di ritirata all’Adige e al Po imbottigliando il grosso del nostro esercito e prendendolo alle spalle dal Cadore all’Isonzo.

Emilio Franzina, La storia (quasi) vera del milite ignoto, Donzelli, 2014, p. 150-152

 

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