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Pubblicato da il 18 Set 2018 in Frammenti | 0 Commenti

Una lettera nata dalla sofferenza della prima guerra mondiale (I. Buttita)

Premessa:

Io sono del 1899, uno dei “ragazzi del ‘99” e a diciassette anni ero in prima linea sul Piave. Ero in trincea… Ora voi mi vedete qua, mi vedete come un cristiano, come un poeta, come una persona buona caritatevole generosa e invece sono uno che ha ammazzato centinaia e centinaia di cristiani, bambini e grandi. Che strano! E non sapete… e non sapete che cosa significa ammazzare un cristiano, non quanti ne ho ammazzati io, diecimila, ventimila, ma ammazzarne uno… non sapete che cosa significa… nel cuore che cosa c’è… il morto resta nel cuore… ce l’hai negli occhi… sempre davanti.

Ritorno con il pensiero al fronte….dobbiamo seppellire i morti. E va bene, seppelliamo. Io esco e davanti alla mia mitragliatrice, proprio sopra la mia mitragliatrice, steso così… c’era un bambino, diciassette anni… tedesco… morto. Lo presi, ci guardai nelle tasche, perché in guerra quando ammazzavamo i nemici, la prima cosa che facevamo era di rubargli l’orologio, se avevano soldi, se avevano un fazzoletto, se avevano una lettera… Io gli infilai le mani nelle tasche e questo non aveva niente…se non una fotografia. Chi c’era nella fotografia?! La madre abbracciata con lui. Dopo la guerra mi ero sposato, avevo due bambini. Una notte, verso l’una, rincaso, accendo la luce, mia moglie con un bambino abbracciato qua, nel letto matrimoniale e un’altra abbracciata qua, il maschietto e la femminuccia, così sul petto. Guardavo mia moglie e mi vanno gli occhi al muro. “Guardo mia moglie abbracciata con i suoi figli; e io a quella madre ho ammazzato il figlio”. Mi sedetti, cinque minuti: “Ora gli scrivo una lettera”. Nella foto c’era l’indirizzo. Abitava a Stoccarda, in Germania. Scrivo questa lettera. Non mi rispose mai. Forse era morta. Forse aveva cambiato casa. Non mi rispose mai. Ora vi dico la lettera che le mandai… guardavo mia moglie e guardavo la madre a cui avevo ammazzato il figlio…

Lettera a una mamma tedesca

Mamma tedesca, ti scrive quel soldato italiano che ti ha ucciso il figlio. Maledetta quella notte. E le acque del Piave. E i cannoni e le bombe. E le luci che c’erano; maledette le stelle e le preghiere e le voci e il pianto e i lamenti e l’odio, maledetti! Era così bello tuo figlio, mamma tedesca, lo vidi all’alba con la faccia bianca di bambino ancora addormentato. Com’era bello tuo figlio: sembrava che sopra quell’erba l’avessero posato le tue mani. Mamma tedesca, io, l’assassino che ti ha ucciso il figlio: come posso dormire sogni sereni come posso abbracciare i miei figli come posso passare in mezzo agli uomini buoni senza essere scacciato, e crocefisso al muro? Mamma tedesca, madri di tutto il mondo, vi chiamo! Ognuna, la pietra più grossa venisse a buttarla sopra di me: montagne di pietre, montagne di pietre, scacciate la guerra”

Ignazio Buttita, ragazzo del ’99

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