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Pubblicato da il 18 Gen 2021 in Obiettori | 0 Commenti

Una pacifista vicentina: Arpalice Cuman Pertile (R. Menegato, M. Brocco)

Credete nel potere della parola? Nella sua capacità di smuovere le coscienza, di intervenire concretamente sulla realtà? Io sì, profondamente. Per questo motivo quello non fu il mio unico discorso destinato a creare scalpore.

Mi accadeva di frequente di partecipare attivamente a riunioni e dibattiti di varie associazioni o di istituti cittadini. Nel gennaio del 1915 fui chiamata da intervenire in un comizio a Vicenza sull’eventuale entrata in guerra dell’Italia. Era in atto da mesi un dibattito molto acceso tra interventisti e neutralisti ed io sentii il dovere di prendere la parola in difesa della pace. Avevo la febbre, quella sera, ma non volevo rinunciare al mio discorso. Soprattutto non volevo che il mio malessere fosse interpretato come un vile pretesto per non espormi. Faceva molto freddo, ma mi coprii bene e andai.

Non ero una politica di professione, perciò decisi di far leva sugli argomenti che mi erano più familiari, la cultura, la letteratura. Davanti a quella sale gremita di gente scelsi di parlare di Omero. Troppo lontano? Assolutamente no: i classici hanno sempre qualcosa da dire. Non raccontai dei grandi scontri armati, degli eroi trionfanti sul campo di battaglia, no. Parlai di Achille, ma non di quello spietato e assetato di sangue dell’Iliade, bensì di quello triste e afflitto dell’Odissea, quello che, ormai nel regno dei morti, confessa ad Ulisse che preferirebbe di gran lunga essere un povero bifolco pur di rivedere la luce del giorno. Colsi una traccia di smarrimento negli occhi dei tanti studenti interventisti che rumoreggiavano in sala: forse non avevano mai considerato che anche quel grande eroe era stato vittima della guerra. Portai ancora altri esempi per dimostrare che i grandi autori classici hanno sempre ispirato il loro canto ad un ideale di pace e di umanità.

Avevo parlato con l’anima di una donna che interpreta il pensiero di mille altre donne, attente e sollecite versi gli affetti più sacri della famiglia, della patria e dell’umanità. E furono tante le donne e tanti i popolani che dimostrarono il loro consenso, alzandosi in piedi in uno scroscio di applausi appassionati, mal digeriti dagli interventisti presenti in sala.

(…).

Che altro dire? Ci fu persino chi venne a propormi una candidatura in parlamento. No, la vita politica non faceva per me. Era ora che lasciassi spazio ad altri, più giovani e intraprendenti di me. Magari a qualcuno che fosse cresciuto studiando sui miei libri, che avesse fatto propria quella che era la mia concezione della vita, molto semplice e chiara: gli uomini progrediscono quando si associano, non quando si aggrediscono. Se la guerra è il male del mondo, schierarsi per la pace diventa un imperativo.

“Giurai guerra alla guerra” scrivevo in gioventù e a quella promessa mi sono sempre mantenuta fedele.

 

Rossella Menegato, Manuela Brocco, DI FUOCO E D’OMBRA. Voci di donna in una città d’autore, Cierre Grafica, 2020, p. 212-213 e 216

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